Il capo perfetto | Il film supera la prova bilancia | Recensione
Il voto di Nerdface:
5.0 out of 5.0 stars
Titolo originale | El Buen Patrón |
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Lingua originale | spagnolo |
Paese | Spagna |
Anno | 2021 |
Durata | 120 minuti |
Uscita | 23 Dicembre 2021 |
Genere | Commedia Drammatico |
Regia | Fernando León de Aranoa |
Sceneggiatura | Fernando León de Aranoa |
Fotografia | Pau Esteve Birba |
Musiche | Zeltia Montes |
Produzione | Reposado PC The Mediapro Studio Básculas Blanco AIE |
Distribuzione | BIM Distribuzione |
Cast | Javier Bardem Manolo Solo Almudena Amor Óscar de la Fuente Sonia Almarcha Fernando Albizu Tarik Rmili Rafa Castejón Celso Bugallo |
Il voto di Nerdface:
5.0 out of 5.0 stars
«A volte bisogna truccare la bilancia per trovare l’equilibrio»
Il capo perfetto, film con protagonista Javier Bardem, arriverà nelle sale italiane a partire dal 23 Dicembre, portato sui nostri schermi da BIM Distribuzione. Una pellicola attesissima, poiché è il titolo candidato agli Oscar per la Spagna e per molti attesta una delle interpretazioni più convincenti della già ultra convincente carriera dell’attore spagnolo. Il film è diretto da Fernando León de Aranoa (Perfect day, Escobar) e racconta la storia di Blanco.
Tutto contro
Una compagnia produttrice di bilance industriali in una piccola città di provincia spagnola attende l’imminente visita di un comitato, che deve decidere se è degna d’un premio per l’eccellenza: le cose devono dunque essere perfette, quando sarà il momento. Tutto, però, sembra cospirare contro. Lottando contro il tempo, Blanco cercherà di ripristinare l’equilibrio all’interno della sua azienda e, nel tentativo d’appianare i problemi dei suoi dipendenti, finirà per superare ogni limite immaginabile.
Un burattinaio
Abile, divertente e manipolatore, Il capo perfetto è colui che trucca la bilancia, il burattinaio che tira le fila della situazione. La sua azienda produce bilance industriali, ma quella che sta all’ingresso principale della fabbrica, un vecchio modello a due piatti, è storta.
Blanco è un personaggio carismatico, abile nell’entrare spudoratamente nella vita dei lavoratori per migliorare la produttività della sua azienda, superando tutte le linee etiche e senza possibilità di ritorno. Un personaggio che, nonostante la sua amoralità, sentiamo vicino. Forse è il riflesso di quanto siamo o di quel che temiamo di diventare. È il protagonista di un racconto tragicomico dell’ecosistema martoriato del lavoro, senza eroi o cattivi, lontano da ogni manicheismo. Di una commedia acida, dai toni oscuri, quasi neri. Di uno sguardo corrosivo sui rapporti personali e lavorativi all’interno di un’impresa familiare che impiega un centinaio di lavoratori.
Il lavoro precario
Il capo perfetto è, in un certo senso, il controcampo de I lunedì al sole, il suo rovescio oscuro. Quel film raccontava la disoccupazione, questo descrive il panorama del lavoro precario con chiavi estetiche e narrative simili: un racconto corale intessuto di storie che si intrecciano e interagiscono perversamente, attraversato dalla personalità seducente di Blanco.
Una bilancia truccata
Siamo davanti a un ritratto della spersonalizzazione e del deterioramento dei rapporti di lavoro, riflesso di un’epoca in cui concetti antiquati come solidarietà, etica o bene comune sembrano essere stati cancellati dalla mappa dell’impiego per colpa della logica del profitto e della precarietà. L’immaginario della bilancia, metafora universale della giustizia, inquadra il tutto: Blanco cerca a tutti i costi di ristabilire l’equilibrio finanziario della sua azienda, anche se per farlo deve armeggiare con i piatti.
Il regista ha sicuramente perpetuato il tentativo di creazione di un cinema complesso e artisticamente ambizioso, che lasci un ricordo di chi siamo o del momento che viviamo e che allo stesso tempo diverta, intrighi ed emozioni. E che lo faccia con umorismo, a volte con leggerezza o cinismo, ma senza rinunciare mai all’impegno, alla verità e alla poesia. Un cinema che guardi alle radici di ciò che siamo, per capire chi saremo un giorno. Appare come una finestra sul mondo e si occupa di quanto accade fuori, sui marciapiedi del nostro Paese, nelle nostre case, nelle nostre camere da letto, nei nostri centri di lavoro.
La deriva del protagonista
Visivamente, Il capo perfetto fa da specchio trasparente della realtà, ma non rinuncia a un’immagine brillante e sofisticata. La fotografia di Pau Esteve ritrae con eleganza il paesaggio freddo e industriale che fa da sfondo agli eventi ed evidenzia il calore dei personaggi e dei loro conflitti. I movimenti della macchina da presa, inizialmente simmetrici, orizzontali e armoniosi, riflesso del perfetto equilibrio che Blanco ha raggiunto in ambito privato e in fabbrica, diventano sempre più dinamici e instabili man mano che la storia procede. La vertigine della camera a mano finisce col sostituire l’orizzontalità delle prime immagini, accompagnando la deriva del protagonista.
Il ruolo delle musiche…
Anche la musica si comporta allo stesso modo: giocosa e amichevole all’inizio, apparentemente leggera, cambia nella stessa misura di Blanco. La colonna sonora di Zeltia Montes è una prodigiosa riscrittura musicale della mia sceneggiatura, una seconda pelle che ne coglie la complessità del tono, il suo difficile equilibrio.
… e delle scenografie
L’azione si svolge nella periferia industriale di una città di provincia, coi suoi casermoni grigi e impersonali, nella navata centrale di una fabbrica, nelle sue alte passerelle. E nelle sue officine, tra il frastuono prodotto dai macchinari pesanti. Nei magazzini e nelle banchine di carico merci, con rampe in cemento, pallet e camion pesanti. César Macarron ha avuto un compito quasi titanico: quello di ridare vita a un’immensa fabbrica in disuso alla periferia di Madrid.
Nel frattempo, un uomo senza nulla da perdere s’accampa davanti alle strutture di quello che un tempo era il suo lavoro, mettendo a repentaglio i piani del buon capo. I colori stridenti dei suoi cartelloni e della sua tenda rompono la grigia monotonia del paesaggio della fabbrica, il suo voluto equilibrio.
Umorismo amaro
L’umorismo migliore, quello che resiste meglio al passare del tempo e dei confini, nasce dal dramma, perché non è congiunturale: ci racconta la natura umana. Nasce da quel lavoratore disperato che lancia slogan da un vecchio megafono e fanno a malapena rima, ogni volta che il datore di lavoro entri ed esca dalla fabbrica. Dalla sua fragilità, dalla sua solitudine forzata, dalla sua tragica lucidità. Altre volte nasce dalla tenerezza, dal suo rapporto con la guardia giurata alla porta, che condivide con lui caffè e conservazioni segrete, per paura di rappresaglie. C’è dell’umorismo anche nell’amoralità del capo, nei suoi gesti e nei suoi eccessi. E sul fatto che è la prima vittima delle sue stesse azioni.
Da commedia a thriller
Blanco non ne uscirà indenne. Il capo perfetto diventa sempre più oscuro man mano che i personaggi prendono le proprie decisioni. Senza perdere mai il sorriso, l’ultimo atto del film diventa prima un thriller, poi una tragedia. E di tutte le sfide affrontate, forse, quella del tono sembra infatti essere stata la più rischiosa. La gelosia, l’abuso, il tradimento, il potere, il vassallaggio, la rivalità, la vendetta, l’ambizione, il sesso e persino la morte, tutti grandi temi delle tragedie classiche, si inseriscono nella rete contorta di interessi, meschinità e ambizioni di una piccola azienda di bilance, in una città di una qualsiasi provincia.
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Cast |
Titolo originale | El Buen Patrón |
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Lingua originale | spagnolo |
Paese | Spagna |
Anno | 2021 |
Durata | 120 minuti |
Uscita | 23 Dicembre 2021 |
Genere | Commedia Drammatico |
Regia | Fernando León de Aranoa |
Sceneggiatura | Fernando León de Aranoa |
Fotografia | Pau Esteve Birba |
Musiche | Zeltia Montes |
Produzione | Reposado PC The Mediapro Studio Básculas Blanco AIE |
Distribuzione | BIM Distribuzione |
Cast | Javier Bardem Manolo Solo Almudena Amor Óscar de la Fuente Sonia Almarcha Fernando Albizu Tarik Rmili Rafa Castejón Celso Bugallo |