David Lynch: il regista che vuole mostrare l’invisibile
David Lynch
«Il mondo è diventato una stanza rumorosa, il silenzio è il luogo magico in cui si realizza il processo creativo».
Il signore dei sogni
E arriva il momento di confrontarsi con un mostro sacro. David Lynch non è solo un regista, allo stesso modo in cui Dante travalicava il suo essere un poeta e Star Wars va ben al di là del semplice film con astronavi e blaster. È, infatti, un artista visionario, onirico e surrealista, d’avanguardia, rivoluzionario. Difficile da digerire per molti, perché i suoi film lasciano sempre un retrogusto disturbante, che spesso sedimenta fino a diventare quasi evanescente, per tornare a galla quanto meno te lo aspetti.
Gli esordi
Il suo sguardo fotografa il mondo con una sensibilità diversa da quella degli altri e in questo particolare si nasconde il genio, sempre. Non a caso, il suo primo amore è la pittura e la sua prima esperienza alla regia nasce da un suo quadro. Si tratta di Six figures getting sick, una video istallazione proiettata su una scultura, con una sirena in sottofondo. Si tratta di un’opera fortemente sperimentale, come lo saranno anche i corti successivi: offrono a David Lynch l’opportunità di prendere dimestichezza col nuovo mezzo espressivo della macchina da presa, cui si dedicherà quasi esclusivamente a partire dal 1970.
Eraserhead
Nel 1971 iniziano infatti le riprese del suo primo lungometraggio. Si tratta di un horror incentrato sulle freudiane paure di diventare padre, Eraserhead: la mente che cancella.
Le riprese durano circa sei anni a causa del continuo esaurimento del budget e, alla fine, il film è considerato impossibile da distribuire. Riesce comunque a guadagnarsi una nicchia nelle sale e lancia David Lynch nella sua fortunata carriera di regista. Tra l’altro, è visto anche da George Lucas: gli piace talmente tanto da proporlo alla direzione de Il ritorno dello Jedi. Non osiamo pensare a cosa sarebbe potuto essere se si fosse concretizzata la regia di David Lynch…
Elephant man
Il primo vero passo verso il grande pubblico arriverà con The elephant man, biopic basato sulla vicenda reale di Joseph Merrick, affetto della Sindrome di Proteo, responsabile della crescita incontrollata di ossa e tessuti. Il produttore è Mel Brooks, il quale però non volle apparire nei titoli di coda, per non correre il rischio che gli spettatori associassero il film alle sue commedie.
David Lynch non era in lizza per la regia di The elephant man, almeno finché Mel Brooks non vide Eraserhead. Quattro anni dopo il successo mondiale, il regista torna dietro la macchina da presa per un progetto ambizioso, patrocinato da Dino De Laurentiis.
Dune
Colossal fantascientifico nella mente del produttore, film visionario e simbolico per quella del regista, arriva Dune e purtroppo si rivela un fiasco clamoroso. Il problema fu principalmente il montaggio, del quale David Lynch non ebbe alcun controllo e che rese il film incomprensibile, al punto da dover correre ai ripari con una versione allungata a tre ore e trenta minuti, anch’essa ben lontana dalla forma immaginata dal regista, il quale decide due cose: non essere accreditato nei titoli di testa e pretendere sempre la final cut nei suoi futuri lavori.
La mazzata pare grossa e infatti per un po’ David Lynch torna al suo primo amore, la pittura. Con De Laurentiis lavorerà in seguito per Velluto blu, grazie al quale riceverà la sua seconda nomination agli Oscar, risultando un successo di critica e botteghino.
Twin Peaks
Ma il vero clamore planetario, quello che farà più volte il giro del pianeta, arriva all’inizio degli anni ’90: si tratta di Twin Peaks, serie capace d’innovare e diventare di culto, sebbene anch’essa sfuggita al controllo diretto del regista. Nel 1992 David Lynch girerà anche un prequel, dal titolo Fuoco cammina con me, la cui storia ripercorre gli ultimi giorni di vita di Laura Palmer: si rivelerà un flop ed è considerato come uno dei punti più bassi della sua carriera, nonostante la presenza di David Bowie.
A suggellare un amore, sia suo che del pubblico, in tempi recenti David Lynch è tornato sul luogo del delitto, per portare a compimento e chiudere Twin Peaks, con un’ultima stagione capace di portare sul set il cast originale.
Strade perdute
Della televisione David Lynch sembra innamorarsi e molti suoi progetti successivi saranno per il piccolo schermo: American chronicles, On the air, Hotel room sono tutti lavori dalle fortune alterne. Per vederlo tornare al cinema, bisogna aspettare la fine dei ’90, quando esce Strade perdute, un noir talmente intricato da doverlo guardare più volte: infatti, prima riceve critiche negative, per poi essere rivalutato e infine diventare un cult.
Mulholland Drive
Il nuovo millennio è alle porte quando arriva Mulholland Drive. Sarebbe dovuto essere il pilota per una serie della ABC, ma non piace e il progetto è cancellato. Dunque David Lynch trova un finanziatore e decide di trasformarlo in un film per il cinema, col quale si guadagna la Palma d’Oro a Cannes e la terza nomination agli Oscar. Alla faccia tua ABC, così impari.
David Lynch è sempre stato coerente, a volte incompreso, altre davvero incomprensibile. La sua visione artistica è sempre di ricerca e sperimentazione, come dimostra il suo Inland empire, girato senza copione nel 2006, o il più recente Duran Duran: unstaged, nel quale monta in diretta streaming il concerto della band simbolo degli anni ’80.
È un visionario e ha sempre voluto fare lo psichiatra: riversa questa aspirazione nelle sue opere, avvalendosi di sogni e fantasmagorie. Per capirlo, forse bisogna considerare come il suo scopo sia mostrare al pubblico non quanto esso vuole vedere, ma quanto invece vorrebbe rimanesse invisibile per sempre.