Charles Lindbergh: luci e ombre del pilota che fece l’impresa
Charles Lindbergh
«Life is like a landscape. You live in the midst of it but can describe it only from the vantage point of distance».
L’uomo che fece l’impresa
Alcune persone restano nella storia per un unico piccolo atto, che rimane fermo nella memoria delle generazioni future e che trasforma, poco a poco, tutto il mondo attorno. Attraverso di esso, questi uomini e queste donne mostrano a noi tutti qualcosa di molto importante: la possibilità.
Spirit of Saint Louis
Charles Lindbergh è uno di quegli uomini. La sua impresa è ancora viva nella memoria americana e in quella del mondo occidentale. Il 20 Maggio 1927 lo Spirit of Saint Louis è sulla pista pronto a partire. L’aereo, un monoplano, era stato modificato secondo le direttive precise dello stesso Charles Lindbergh: tutte, compresa quella che sostituisce il parabrezza con una lastra di metallo, lasciando il pilota cieco e costringendolo a contare solo sui finestrini laterali, avevano un solo scopo, aumentare l’efficenza del carburante per il volo.
Così, alle 7.50 del mattino, nei pressi di New York, lo Spirit of Saint Louis parte e punta il muso in direzione dell’Europa. A bordo c’è solo Charles Lindbergh e non sono previsti scali fino a Parigi. La traversata dell’Atlantico in solitaria non era mai stata tentata prima.
L’atterraggio a Parigi
Nel 1919 due aviatori erano riusciti a portarla a termine in minor tempo, ma erano per l’appunto in due. Charles Lindbergh è invece solo e davanti a lui ci sono più di 30 ore di volo continuato. Alle ore 22.00 del 21 Maggio 1927, lo Spirit of Saint Louis atterra a Parigi e consegna il suo pilota alla storia. Charles Lindbergh diventa un eroe nazionale ed è insignito di cariche e onorificenze.
Il suo volo lo rende famoso e benestante, gli dona prestigio e notorietà, tanto che la rivista Time lo elegge Uomo dell’Anno. Forse troppa, perché qualche anno dopo, nel 1932, Charles Lindbergh paga a caro prezzo la fama, quand’è rapito suo figlio, che ha solo 2 anni.
Una vicenda terribile cambia tutto
Il caso suscita scalpore, sia per la notorietà dell’uomo, sia per la crudeltà del gesto: chi potrebbe pensare di rapire un bambino di soli 2 anni? È pagato un cospicuo riscatto, ma il piccolo non è restituito alla famiglia e, purtroppo, è trovato cadavere tre mesi dopo il rapimento. Sono momenti che sconvolgono la vita tranquilla di Charles Lindbergh, e non solo. Tale è l’eco del fatto da ispirare Agatha Christie nella stesura di Assassinio sull’Orient Express (1934). Ancora, pure in J. Edgar, di Clint Eastwood (2011), la vicenda è trattata e Philip Roth ci costruisce sopra il suo Complotto contro l’America (2004).
Un invito discutibile
Dopo il rapimento, per il quale è incriminato e condannato alla sedia elettrica un uomo che si dichiarerà sempre innocente, Charles Lindbergh si trasferisce con la moglie e i figli in Inghilterra. Tornerà in America solo nel 1938 e avrà modo di far parlare di sé. Infatti è inviato nella Germania di Hitler, per raccogliere informazioni sui progressi dell’aviazione tedesca. Sono anni nei quali gli USA guardano con curiosità e diffidenza all’ascesa di Hitler e alle sue mire espansionistiche ed è naturale che cerchino in tutti i modi di sapere quale livello tecnologico potrebbero trovarsi di fronte.
Charles Lindbergh assolve il suo compito. Di più, rimane affascinato da Hitler e dai progressi tecnologici che la Germania nazista sta perseguendo sotto la sua guida. Ne rimane tanto folgorato da diventare quasi un ambasciatore di propaganda tedesca negli USA, andando a infoltire lo schieramento che s’opponeva alla discesa in guerra e che optava per la posizione neutrale. Di più, però: Charles Lindbergh arriva ad accusare «la razza ebraica» di spingere verso la guerra, per ragioni che «non sono americane», mentre la moglie scrive e pubblica un testo definito «la bibbia dei nazisti americani» dal Ministro degli Interni d’allora, Harold Hicks.
Da amico a nemico
L’amore per l’organizzazione militare tedesca e per i suoi progressi tecnologici spingono Roosevelt a mettere in dubbio la sua lealtà alla nazione americana e Charles Lindbergh decide di dare le dimissioni da Colonnello dell’Aeronautica Militare. Le cose, però, cambiano nel 1941, quando uno stormo di caccia giapponesi attacca le navi americane attraccate a Pearl Harbor e gli USA dichiarano guerra al Giappone, mentre Germania e Italia dichiarano guerra agli USA a loro volta.
In guerra
Forse colpito dalle vittime di Pearl Harbor e dall’attacco improvviso, Charles Lindbergh decide di combattere per il suo Paese. È però ostacolato sia dal Presidente che dalla stampa americana e, fino al 1944, dovrà accontentarsi solo di un lavoro d’istruttore e collaudatore. In seguito gli sarà permesso di recarsi nel Pacifico per studiare i caccia Corsair in azione e riuscirà a svolgere missioni di combattimento. Alla fine della guerra riprende il suo lavoro di consulenza per la United Aircraft.
La sua vita ne fa un personaggio che va oltre l’eroismo americano da copertina. Charles Lindbergh è un uomo complesso, da capire. Se siamo fortemente affascinati dalla sua impresa e riusciamo a capire il desiderio di rifugiarsi lontano dagli occhi indiscreti della stampa dopo il rapimento del figlio, ci riesce molto difficile comprendere le sue idee filo-naziste.
Molte domande
Pare che, come molti altri americani all’epoca, vedesse in Hitler il solo baluardo di difesa contro il Comunismo di Stalin; in più è innegabile che la tecnica tedesca enormemente progredita sotto la spinta bellica e del Terzo Reich sortisse una forte attrazione sul pilota americano. Ricordiamolo: sul finire della guerra pose le basi tecnico-scientifiche per la creazione del Saturn, ovvero il vettore capace di portare l’uomo sulla Luna. Ovviamente restano inaccettabili le dichiarazioni razziste.
La sua eredità
Charles Lindbergh muore nel 1974, portandosi dietro il ricordo di un volo ininterrotto attraverso l’Oceano Atlantico, di un figlio perso tragicamente e di una guerra nella quale s’era all’inizio trovato schierato dalla parte sbagliata. Lascia un aereo, il suo Spirit of Saint Louis, argentato e conservato nei musei. Lasci ala possibilità.