«Il potere della Chiesa vince sempre»

È disponibile su Netflix ed è rapidamente entrata in classifica la docuserie Vatican girl, composta da 4 episodi scritti e diretti da Mark Lewis, dedicati al caso di Emanuela Orlandi, unica cittadina vaticana scomparsa nel corso della storia, ben trentanove anni fa.

Il rapimento di Emanuela Orlandi

Emanuela Orlandi era una ragazza di quindici anni, figlia dedita alla musica di una famiglia il cui padre era impiegato in Vaticano. Un giorno del 1983 esce di casa e non torna più. Un semplice caso di sparizione diventerà nel tempo la sintesi di tutti quei misteri italiani ancora oggi insoluti e vedrà implicati servizi segreti, malavita organizzata, banche, politica e una pletora dei peggiori figuranti come potrebbero essere generati dalla penna di un romanziere, tra mitomani, boss, finanzieri, amanti e galoppini, con sviluppi e colpi di scena susseguitisi fino a pochi anni fa.

La Santa Sede

A fare la differenza sostanziale è però il coinvolgimento del Vaticano, monarchia assoluta nel cuore di Roma e d’Italia, luogo di quei «traffici loschi» come «parte integrante dei misteri della fede» cantati da Giorgio Gaber, che di certo mai hanno stupito i cittadini della Città Eterna, la cui tradizione popolare di prosa, poesia e musica è ricca di aneddoti e derisioni, balzati subito alla memoria quando apparvero affissi i primi manifesti col volto innocente della ragazza scomparsa.

Vatican girl ricostruisce in modo avvincente e incalzante la sua sparizione, che acquista connotati inquietanti con l’immediato intervento del SISDE, il servizio segreto italiano interno, e dello stesso Giovanni Paolo II, il quale sorprendentemente si rivolge ai rapitori pubblicamente a pochi giorni dal rapimento, lasciando intendere di saperne molto di più. Così, le strade di Roma brulicanti di Barocco assumono velocemente connotati sinistri, da suburra.

Guerra Fredda

Erano gli anni finali della Guerra Fredda, con papa Wojtyla convinto oppositore del blocco sovietico per indicazione della Madonna di Fatima e finanziatore attivo del movimento Solidarność in Polonia, attraverso ardite geometrie finanziarie orchestrate dal Banco Ambrosiano di Roberto Calvi e dall’arcivescovo Paul Marcinkus, con le contiguità di Mafia, Banda della Magliana e di un Renatino De Pedis destinato a essere sepolto nella Basilica di Sant’Apollinare. Erano gli anni successivi al fallito attentato al Papa di Ali Agca, dei lupi grigi, della pista bulgara e del presunto coinvolgimento del KGB.

La tenacia di una famiglia

A districarsi in questo ginepraio velocemente balzato all’attenzione internazionale c’è la famiglia Orlandi, la cui tenacia è l’elemento più toccante, luminoso e umano in mezzo a un mare di mostruosità, a partire dalle dichiarazioni della polizia d’allora, che rigettò immediatamente l’ipotesi del rapimento perché la giovane «non era abbastanza bella».

Nonostante la complessità di un caso arrivato fino a pochissimi anni fa ai suoi ultimi sviluppi, costellato di piste e depistaggi, Vatican girl riesce a sbrogliare bene la matassa, percorrendo attraverso le testimonianze dei (pochi) giornalisti d’inchiesta impegnati sul caso, delle interviste e delle immagini d’archivio tutte le piste battute, evidenziandone le criticità.

Un silenzio assordante

Emanuela Orlandi è stata la vittima sacrificale di un complotto internazionale o finì al centro di una storia di riciclaggio di denaro sporco? È viva oppure è morta? Nel caso, dove riposa? È collegata a un altro rapimento, quello di Mirella Gregori, o fu individuata perché nascondeva un segreto che avrebbe scosso i più alti vertici della Santa Sede? Vatican girl vi darà tutti gli elementi per farvi maturare una vostra idea, ma ogni pista, come sottolineato in chiusura della docuserie, porterà sempre allo stesso luogo, il Vaticano, il cui silenzio risuonerà dai vostri schermi scioccante come questo caso.