Marcello Ascani e l’Antartide: «Viaggiare mi fa sentire utile»
In occasione del Milan Games Week & Cartoomics, Nerdface ha avuto la possibilità d’intervistare Marcello Ascani: il content creator romano era presente nello stand di Risiko per promuovere la nuova versione del celebre gioco di guerra, Risiko Antartide. In occasione del lancio, Marcello Ascani ha realizzato un video proprio in Antartide, dove ha giocato la nuova versione del board game nel continente più freddo del globo.
L’intervista a Marcello Ascani
Ciao Marcello, sappiamo che sei appena andato a -30 gradi per giocare a Risiko: com’è stata l’esperienza?
Ti rivelo una cosa che mi farà sembrare molto meno figo: per fortuna non faceva così freddo in Antartide, perché è estate in questo momento! Faceva più o meno 0° nei momenti migliori e -10° in quelli peggiori. Le temperature estreme, come i -30°, si registrano solo in alcune zone dell’entroterra. Noi invece passavamo per le isole, dove il clima è più mite e nei giorniin cui non tirava vento si poteva addirittura uscire in maniche corte per un paio di minuti. Le temperature miti sono state ottime per giocare a Risiko e siamo riusciti a giocare senza guanti.
E invece mentalmente com’è stato dover pensare alle mosse in una condizione così estrema?
Abbiamo fatto due partite sul gommone: una l’ho vinta io, mentre l’altra l’ha vinta Mattia, il mio collaboratore. In realtà, da appassionati di Risiko abbiamo giocato moltissime partite sulla nave, giocando sia al Risiko classico, sia a Risiko Antartide. Il gioco da tavolo è infatti stato un buon modo per conoscere tutte le persone sulla nave e di sera s’è creata questa tradizione di trovarci tutti a sfidarci.
Passando al video che uscirà sul tuo canale in questo mese di dicembre, raccontaci come funziona il tuo processo creativo, anche dal punto di vista tecnico.
Partiamo dal presupposto che questo video è uno speciale: di solito i miei video hanno una scrittura molto più snella. Per esempio, quando so che devo andare negli USA, devo concentrarmi su alcuni aspetti singoli. Ogni video tratta infatti un argomento specifico, che preparo in precedenza. Quindi di solito scrivo alcuni punti, andando però a braccio per la maggior parte del tempo.
In Antartide, invece, non sapevo a cosa sarei andato incontro: si trattava di un’esperienza unica nella vita e abbiamo deciso di girare il più possibile, portando a casa il maggior numero di clip. Per quanto riguarda il punto di vista tecnico, normalmente giro i video con lo smartphone, ma quello dell’Antartide l’ho girato con una macchina fotografica, perché era un viaggio imperdibile che quasi sicuramente non ripeterò nella mia vita. Insomma, non avevo scritto nulla e ho cercato di coprire col girato tutti i temi del viaggio: l’itinerario, il gioco, gli animali e le emozioni provate.
Quando registri i tuoi video in giro per il mondo hai mai paura di non vivere a pieno l’esperienza, a causa del filtro della fotocamera?
In realtà il fatto di filmare i miei viaggi non limita le mie esperienze, ma anzi le amplifica. Sono costretto a prestare attenzione a tutti gli spunti interessanti, per creare una narrazione che mi aiuti a vivere l’esperienza in maniera migliore. In questo modo riesco a dare un senso al viaggio, che spesso invece rischia di diventare normalizzato: vedi i monumenti principali senza saperne granché e torni a casa. Dovendo girare un video sono così costretto a dare un senso, perché sia un valore anche per il pubblico. Mi fa sentire utile: il mio viaggio ha uno scopo anche per gli altri.
Tu sei un travel blogger atipico: per esempio tendi sempre a intervistare gli italiani che vivono nei luoghi dei tuoi viaggi. In che modo pensi di distinguerti?
Non mi sono mai proposto di fare la guida, come fanno molti altri, e non mi definisco un travel blogger: il mio canale racconta la mia vita, cercando d’essere utile a chi mi segue. Il format delle interviste ha appunto questo fine, riuscendo a dare prospettive interessanti e approfondite sulle persone che vivono i luoghi che visito. Il video dell’Antartide sarà però diverso dagli altri, poiché mi soffermerò maggiormente sulla bellezza, sugli animali e quindi sarà più simile a un video di viaggio classico.
L’oggetto del video nei tuoi contenuti, quindi, non è il viaggio, bensì il tuo approccio alle esperienze che vivi?
Sì, esattamente. Il progetto è di raccontare la mia vita, di come questa sia cambiata, cercando di dare il più possibile un valore a quello che faccio.
Senti in qualche modo d’avere una missione da portare avanti attraverso i tuoi video?
La missione del mio canale è nata nel tempo ed è raccontare la mia vita cercando d’essere utile per quanti mi seguono, in particolare i miei coetanei. Un esempio riguarda i video sull’apertura della Partita IVA, che non ti spiegano a scuola. Quando avevo 18 anni non sapevo come funzionasse il mondo del lavoro o, banalmente, come si facesse una lavatrice. A quel punto ho pensato: cavolo, non esiste nessuno che racconti il passaggio all’età adulta in maniera sincera e trasparente!
Non voglio però dare la sensazione di volermi ergere a maestro, anzi: spesso spiego dove ho sbagliato e per quale motivo. Quando faccio le interviste, penso sempre: quali domande farebbe un mio coetaneo? Io punto ad avere esperienza anche al di fuori del mondo di YouTube, perché lo youtuber standard fa i video per fare video, mentre io per essere fedele alla mia missione devo fare esperienza al di fuori. Per questo motivo ho aperto la mia agenzia, che mi permette di vivere un altro mondo, che poi posso raccontare con profitto su YouTube
Sicuramente l’originalità del tuo progetto sta proprio nel raccontarti senza filtri, mostrando in maniera molto sincera successi e fallimenti. Pensi che un taglio così diretto e fuori dal comune per i social possa arrivare a un grande pubblico?
Secondo me il pubblico potenziale è tanto: se riesco nel prossimo periodo ad avere più costanza rimanendo fedele alla mia missione, sono sicuro che il mio canale potrà crescere ancora moltissimo, anche se non raggiungerò il seguito dei grandissimi creatori italiani, poiché gli argomenti trattati non sono di così facile comprensione, soprattutto per i più giovani.
In un mondo social ormai colmo di creator, come pensi che ci si possa differenziare per emergere?
Penso che il concetto d’emergere sia ingannevole. Per me si tratta di trovare e costruire la propria community, più che emergere per fare grandi numeri. Credo che questo momento sia giusto per cercare la propria community e più si va avanti, più sarà difficile. Il mio consiglio è di trovare la propria passione, meglio se poco trattata, costruendoci introno un progetto. Penso per esempio a Elisa True Crime, che ha fatto quasi 2 milioni di iscritti, riuscendo a monetizzare una passione davvero impensabile prima di YouTube. Il lavoro per diventare un creator è però prima su sé stessi, poi sul canale.