Franco Franchi: ma quale spalla comica!
Franco Franchi
«Siamo stati un esempio di commedianti dell’arte su sbilenchi e mal nutriti canovacci cinematografici».
Franco senza Ciccio
Dicesi caratterista quell’attore che, pur difettando di spessore e versatilità, dimostra una naturale attitudine a impersonare in maniera credibile alcuni tratti dell’espressività umana, di solito incarnando maschere o figure riconoscibili negli strati più umili e marginali della società, dal popolano al fool. Si sa: accanto ai grandi interpreti del palco e dello schermo, ci sono i bravi mestieranti che danno colore e fanno funzionare le scene. A volte, poi, soprattutto nel caso di sodalizi comici, si definisce spalla chi ricopre in maniera ricorrente ruoli da co-protagonista e ha il compito non banale di porgere la battuta alla star di turno, con disinvoltura e nei tempi giusti.
Il braccio e la mente
Per peculiarità attoriali, Franco Franchi, nato in famiglia palermitana numerosa e indigente, artista di strada, guitto d’assalto, può essere considerato un caratterista di lungo corso e di grande successo. Quanto all’essere una spalla, la questione è più spinosa. Molto spesso la ripartizione dei ruoli è in sé evidente. Il genio comico di Totò si poggiava sulle capacità d’uomo d’ordine di un Peppino de Filippo, così come l’estro aggrovigliato di Troisi faceva perno sulla rotondità un po’ arruffata di Lello Arena.
Chi spalleggia chi?
Se parliamo di Franco e Ciccio, però, la distribuzione dei ruoli è meno chiara. Questa ambiguità di fondo ha attraversato come una faglia tutta la carriera del duo siciliano, originando più di una scossa. Eh sì perché, sebbene Francesco Ingrassia abbia sempre avuto una considerazione di sé piuttosto alta, non solo per ragioni anatomiche, ma anche per via dell’allure aristocratica dell’uomo, in realtà con la sua verbosità un po’ didascalica Ciccio non faceva altro che offrire una sponda e un inquadramento razionale alle sortite istintive, più animalesche ma artisticamente più pure e dionisiache di Franco Franchi.
Nato a Palermo nel settembre del 1928 e deceduto il 9 Dicembre 1992, Franco Franchi, al secolo Francesco Benenato, comincia nel dopoguerra a farsi conoscere dal pubblico locale col nome d’arte di Franco Ferraù. Da antesignano del flashmob, il giovanissimo Franchi si cimenta nella cosiddetta posteggia, richiamando a colpi di grancassa i passanti per coinvolgerli in spettacoli improvvisati all’aperto. La traiettoria di Franco è travagliata: s’arrabatta in ambito circense, è arrestato, migra al nord trovando impiego come posteggiatore e, dopo il servizio militare a Bologna, torna a Palermo dove si sposa e fa due figli.
Cori ‘ngrati
Entrato per intercessione di Ingrassia nella compagnia teatrale di tale Pasquale Pinto, è iniziato alla recitazione proprio da Ciccio, che lo aiuta anche ad acquisire migliore padronanza della lingua italiana. Nel 1954 lo sketch di Core ‘ngrato mette a punto il canovaccio della coppia: Ciccio s’atteggia ad attore rifinito, Franco Franchi fa il disturbatore sbadato. Tra il serio e il faceto, si cristallizza una dinamica in cui traspare la malcelata sopportazione di Ciccio nei confronti di Franco, forse dovuta anche alla genesi della loro relazione creativa e su un’almeno iniziale asimmetria intellettuale e artistica.
Becoming Franco e Ciccio
Un’avventura tira l’altra: il duo finisce per recitare a Nizza, ma ignorando il francese impressiona e diverte il pubblico facendo leva sulla sola mimica. Un quotidiano titolerà «nous avons ri, mais nous n’avons rien compris». Il connubio che sbanca i botteghini del grande schermo nasce nel 1960 grazie a Domenico Modugno, che coinvolge Franco e Ciccio nel film Appuntamento a Ischia e che è autore di quel Tre somari e tre briganti che diventerà poi un loro tormentone.
Potrei testimoniare inconfessabili infatuazioni giovanili per il cinema di Franchi e Ingrassia da parte di insospettabili intellettuali. E io stesso sono caduto vittima dei cicli estivi proposti dalle reti Fininvest tra gli ’80 e i ’90, coinvolgendo mio fratello e mio cugino, accompagnandoli da dissetanti Calippo d’ordinanza, in febbrili visioni sul divano che neanche Guidobaldo Maria Riccardelli.
Il materiale filmico in effetti è sovrabbondante: 112 lungometraggi, 38 solo tra il 1964 al 1966, di cui 20 solo nel 1964. Don Franco e Don Ciccio nell’anno della contestazione fu girato in 3 settimane. Una produzione all’insegna di parodie (Indovina chi viene a merenda?, Per un pugno in un occhio, Il bello, il brutto e il cretino, Paolo il freddo), spunti divertenti sviluppati in copioni abborracciati (I due figli dei Trinità, Ma chi t’ha dato la patente?), intuizioni per buone gag ma umorismo, per dirla con Mereghetti, «di grana grossa».
Franco l’istrione
Caratterizzato da una mimica a tratti eccessiva, Franco Franchi ha rivendicato con orgoglio regionale un’aderenza espressiva al modello del pupo siciliano e ha ereditato da Totò la tecnica della fronte semovente, sviluppando a livelli parossistici la capacità di spostare ritmicamente la folta capigliatura sovrastante. Mattatore un po’ cialtrone, estimatore ed epigono di Buster Keaton, Jerry Lewis della Trinacria, Franco Franchi ha, come il compare Ciccio, una considerevole opinione di sé come artista a tutto tondo. Le velleità canore lo portano al Festival di Sanremo e a quello di Napoli, nonché a Canzonissima, oltre che allo scontro con Ciccio, che di lui non condivide nemmeno la predilezione per la quantità a discapito della qualità e s’adira quando, ricoverato, è sostituito come partner in un film da Luigi Pistilli.
Ti odio, poi ti amo
Con quella goccia il vaso trabocca, così Ingrassia esce con L’Esorciccio, mentre Franco Franchi, tra il ’73 e il ’77, si cimenta nella mano di travertino di Ku-Fu! Dalla Sicilia con furore, indossa la divisa del Sergente Rompiglioni e s’avventura nelle grottesche scorribande erotiche di Ultimo tango a Zagarolo. Prima e dopo questa bonaria separazione, insieme a Ciccio fa anche molta televisione (tra le altre cose Cantatutto, I due nel sacco e Partitissima negli anni ’60 alla Rai, Grand Hotel e Buona Domenica su Canale 5 negli anni ’80) e lavora in pellicole d’autore.
Per Comencini, Franco e Ciccio sono gli indimenticabili Gatto e Volpe dello sceneggiato Le avventure di Pinocchio (1972); Pasolini li dirige in Che cosa sono le nuvole?, episodio di Capriccio all’italiana (1968); i Fratelli Taviani li coinvolgono nell’episodio La giara del film Kaos (1984).
Venuto a mancare alla relativamente giovane età di 64 anni, per le complicanze di una cirrosi epatica, Franco Franchi ha dovuto fronteggiare negli ultimi anni di vita l’accusa di associazione mafiosa, per cui sarà coinvolto nelle indagini di Giovanni Falcone, venendo infine scagionato. Ciccio gli sopravviverà di undici anni. Si ritroveranno nel 2004, nel documentario di Ciprì e Maresco Come inguaiammo il cinema italiano, che ne ripercorre le gesta, le stesse che io, più umilmente, ho voluto celebrare per Nerdface.