«I still don’t understand the game»

Presentato alla Festival di Cannes, Asteroid City è arrivato nelle sale italiane il 28 Settembre con Universal Pictures, in un periodo di forte concorrenza contro il quale, forse, potrebbe non reggere il confronto. Non perché l’ultima fatica di Wes Anderson sia poco meritevole di una visione, ma in quanto è un film che, purtroppo, segue la parabola discendente del regista.

Una sperduta località dell’orizzonte americano

Asteroid City è la cittadina a fare da sfondo alla vicenda, in una sperduta località del vasto orizzonte americano. Ospita una base militare di ricerca e ha raccolto un gruppo di studenti geniali insieme alle loro famiglie. Un evento li costringerà a prolungare la permanenza e li costringerà, al contempo, a interagire fra di loro. Il plot è interessante e da un film così corale pensavamo di poter avere i ritratti profondi di ogni personaggio, che risultano invece quasi dei burattini nelle mani di Wes Anderson.

Cartoline da Wes

Il film gode di una splendida fotografia e di inquadrature simmetriche, quadrate e manieriste, la firma artistica del regista. Manca, però, il cuore. Asteroid City risulta quasi un mero esercizio estetico composto da quadri e cartoline, poco colpisce lo spettatore nel profondo e meno ancora stupisce, poiché tutta l’opera è permeata dal tema principale, la creatività.

Il pensiero a venire a galla spontaneamente è che Wes Anderson stia affrontando un momento particolarmente fiacco e, con Asteroid City, voglia esplorarlo e metterlo sotto gli occhi di tutti. Non a caso, è anche un film meta-cinematografico e meta-teatrale, coi due piani paralleli che si intrecciano anche prepotentemente e gli spettatori sono anch’essi parte degli attori del regista.

Il palcoscenico è ovunque

Il palcoscenico è ovunque e Wes Anderson muove le sue marionette e anche quando esse si interrogano si dove stiano andando, sul perché e sul cosa stiano facendo. Ma la risposta del regista pecca sempre di completezza, forse perché anche la sua è una navigazione a vista. Crediamo che l’espediente sia esplicitamente voluto e ricercato, in una parodia di se stesso e della sua fase.

Un cast pazzesco

Gli attori del film sono volti notissimi: Bryan Craston, Tom Hanks, Tilda Swinton, Scarlett Johansson, Adrein Brody ed Edward Norton compongono un cast pazzesco e di grandissima caratura; ognuno offre il proprio contributo egregiamente. Non basta, però, un palco ricco di bravissimi interpreti, se manca una storia valida da raccontare, come pure un’idea concettuale forte da gridare al mondo.

Asteroid City risulta, così, bello, vuoto ed effimero e tuttavia non risulta affatto un brutto film. Ciclico come una spirale infinita, è al pari di uno splendido quadro di cui guardiamo solo la cartolina che lo riproduce. Non bastano carrellate laterali perfette, inquadrature centrate e una fotografia ricercata, se poi i personaggi girano a vuoto, persi in un’introspezione calcata e oltre il confine tra finzione e realtà, se non arrivano a nessuna conclusione.

Comunque un grande autore

In conclusione, la caratura registica di Wes Anderson c’è ancora e si vede e Asteroid City marca ancora la differenza tra un autore e un mestierante, nonostante i limiti. Che sia una fine fotografia della sua fase o un semplice giro a vuoto, il merita una visione comunque, perché il peggior film di un regista di talento sarà sempre migliore del miglior film di un regista che non ha mai avuto nulla da dire.