«Noi siamo il mondo»

Una donna, chiamata semplicemente «mamma» (Halle Berry) e i suoi due figli Nolan (Percy Daggs IV) e Samuel (Anthony B. Jenkins) sono soli. Vivono in un mondo post-apocalittico, in cui un’entità nota come il Male ha sterminato la specie umana, riempiendola d’odio e di rancore. A proteggerli c’è solo la loro prodigiosa casa nel bosco, dalla quale si possono allontanare solamente restando legati a essa con lunghe corde. Never let go: a un passo dal male è l’ultimo film d’Alexandre Aja, regista noto per il brutale Le colline hanno gli occhi (2006), remake della pellicola di Wes Craven, e l’angosciante Crawl (2019).

Il fil rouge del film

Esperto di gore e solito nell’incorporare elementi naturali nelle sue produzioni, Alexandre Aja mantiene questo fil rouge anche in questo film. Le scene più intense e meno visivamente digeribili costellano la trama, facendo da punteggiatura e ricordando allo spettatore del pericolo imminente che grava sui protagonisti, senza mai tenersi alla larga da visuali raccapriccianti o sconvolgenti.

Nessuno escluso

Gli istanti più violenti o disturbanti di Never let go non risparmiano nessuno, nemmeno i personaggi di giovane età o gli animali che popolano il bosco, trascinando il pubblico fuori dalla sua comfort zone, ma senza mai raggiungere i limiti più estremi del regista.

La costruzione dei personaggi è consona a un cast così ristretto e Never let go si sofferma parecchio sui loro rapporti e c’è spazio perché evolvano durante il dispiegamento della trama, evidenziando dinamiche familiari tenere, seppur intrise di dipendenza e controllo.

Tra plagio e lusinga

Never let go, inoltre, con tutti gli stereotipi di questo particolare filone cinematografico, dal bel Birdbox di qualche anno fa al meno riuscito e recente Arcadian, in costante equilibrio tra plagio e lusinga, presentando però diversi elementi originali, come la capacità di rendere claustrofobica l’atmosfera anche negli spazi più ed esplorati.

Un finale discutibile (no spoiler!)

L’unione di elementi sovrannaturali e reali lascia cadere qualche briciola che lo spettatore deve saper raccogliere, ma Never let go, invece di condurlo a una risposta sicura, lo trascina sempre più a fondo, nei meandri del labirinto di domande e quesiti che si aprono di volta in volta. Purtroppo, però, la scelta d’offrire una risposta definitiva su quanto accaduto risulta nella migliore delle ipotesi non necessaria, nella peggiore deleteria, proprio perché distrugge l’impalcatura eretta con maestria fino a quel momento.

L’ultima parte del terzo e ultimo atto, infine, è troppo distante nello stile e nell’approccio ai primi due atti, apparendo addirittura fuori posto. Eppure, Never let go non è un film da buttare: esplora tematiche rilevanti e non ammorba il pubblico con morali facili, rivolgendosi a un pubblico variegato. Chi ricerchi un film inquietante, esteticamente piacevole e costellato di gore e jumpscare, sarà contento di poggiare i popcorn e di concentrarsi sul lento sviluppo della trama; un appassionato del cosiddetto elevated horror, invece, potrebbe comunque godersi l’esperienza.

Non sempre l’equilibrio premia

Questo spirito, però, potrebbe essere il limite maggiore di Never let go, un film che rischia di non essere apprezzato né dagli appassionati del brivido facile, né dagli amanti delle storie più articolate.