Mel Gibson: la carriera di una star sempre in discussione
Mel Gibson
«I like going in to different styles of acting and exploring stuff I haven’t done before».
Who women want
La scalata di Mel Gibson agli allori di Hollywood inizia ben prima del suo esordio al cinema e, forse, lo snodo fondamentale è il trasferimento della famiglia da New York in Australia. È il 1968 e ha 12 anni: ne passeranno una decina prima che George Miller inizi a girare la fortunata serie di Mad Max e lo scelga come protagonista. Così, la carriera di questo giovane attore ancora con un forte accento australiano inizia, potremmo dire, col botto.
Mad Max
Interceptor diventa un cult, fonte d’ispirazione di tutti i futuri post-apocalittici del futuro, dal manga di Ken il Guerriero, alle atmosfere videoludiche di Fallout. Ingredienti del film sono gli spazi sterminati, le furiose corse in auto, la Ford Falcon XB GT Coupé modificata, appunto la Interceptor, e il carisma del protagonista. Arriveranno due sequel e recentemente lo splendido Mad Max: Fury Road con gli stessi ingredienti, ma senza Mel Gibson.
Dopo il primo Mad Max, Mel Gibson riceve parecchi ruoli da protagonista, spesso in film drammatici, come nel caso de Gli anni spezzati (1981), Un anno vissuto pericolosamente (1982) e Il Bounty (1984); c’è posto, ovviamente, anche per i due sequel della saga di George Miller, con Interceptor: il guerriero della strada (1981) e Mad Max: oltre la sfera del tuono (1985).
Arma letale
Ma è sul finire degli anni ’80 che la carriera di Mel Gibson usufruisce di un’ulteriore spinta in avanti, grazie a un’altra serie avviata nel 1987, Arma letale. Action comedy con milioni di fan in tutto il mondo, riscuote in ogni capitolo un successo strepitoso e con Danny Glover nasce una delle più iconiche coppie di piedipiatti della storia del cinema. Dietro la macchina da presa c’è Richard Donner, uno che decisamente conosce il suo mestiere.
Sul finire degli anni ’80 e nel corso dei ’90, quindi, Mel Gibson è un attore più che apprezzato e si guadagna anche la stima di registi di grande calibro, come Franco Zeffirelli, il quale lo vorrà nel ruolo del Principe di Danimarca per la sua riduzione cinematografica dell’Amleto (1990).
Il volto dell’action comedy
In ogni caso, per qualche anno sarà l’action comedy il genere maggiormente calcato dall’attore, con Tequila Connection (1988), Due nel mirino (1990), Air America (1990), Maverick (1994), Ransom: il riscatto (1996) e Ipotesi di complotto (1997).
Come tradizione vuole, c’è spazio per i sequel di Arma letale, rispettivamente datati 1989, 1992 e 1998. Ma l’attore si sente pronto proprio per passare alla regia. Ci prova una prima volta con L’uomo senza volto (1993), un esordio molto timido e già foriero di alcune polemiche, per la natura del rapporto tra allievo e maestro descritto nel film, in alcuni passaggi piuttosto ambiguo.
Braveheart
Ma il vero botto arriva nel 1995 con Braveheart, il colossal sulla storia del patriota scozzese William Wallace e che, pare, abbia influenzato il risveglio della coscienza nazionale in Scozia, sfociato poi nel referendum per la devolution del 1997. Non siamo sicuri di quanto il film abbia effettivamente influito sulla storia politica delle Highlands, ma in ogni caso Braveheart vince 5 Oscar, tra i quali Miglior Film e Miglior Regia.
Sono statuette meritate, nonostante Braveheart romanzi pesantemente la storia di Wallace e inserisca tutti gli elementi attesi in una pellicola del genere. In più, s’inizia a intravedere, certo guardando col senno del poi, l’impronta molto personale dell’attore ora divenuto regista, figlia anche della sua concezione preconciliare della fede cattolica.
Sono comunque gli anni di maggior successo e di riconoscimenti: fa sorridere pensare come il 1995 sia anche l’anno in cui Mel Gibson approda in casa Disney, per la quale presta la voce nel film animato Pocahontas a John Smith. L’esperienza sarà ripetuta nel 1999, ne I Simpson, e l’anno successivo con Galline in fuga.
La passione di Cristo
Nel 2004 arriva La passione di Cristo e tutto cambia: la pellicola è dedicata alle ultime ore di Gesù e si sofferma con particolare attenzione, quasi morbosa, sul martirio precedente la crocifissione. Doppiato in latino e aramaico, dunque sottotitolato, il film suscita parecchie critiche. Una riguarda l’eccessiva violenza: un’osservazione forse sciocca, poiché un martirio è un martirio e Mel Gibson ci tiene a mostrarlo in tutta la sua cruda ferocia. Ferocia, a veder bene, ben presente nel Vecchio Testamento e nei Vangeli, proprio ai quali il regista s’affida per sceneggiare la pellicola.
L’altra accusa, più pesante, è d’antisemitismo, probabilmente più appropriata se si pensa alle frasi pronunciate da Mel Gibson all’agente della stradale che lo ferma per guida in stato d’ebbrezza, più che al film. Il crudo realismo è il marchio di fabbrica di Mel Gibson, dunque: è presente nelle scene di battaglia di Braveheart come (e di più) nella Via Crucis e nella crocifissione del Nazareno ne La passione di Cristo. Ma si può sempre migliorare.
Apocalypto
È il caso del suo terzo film, Apocalypto. Ambientato nello Yucatan subito prima dell’arrivo dei conquistadores spagnoli nel Centro America, vorrebbe raccontare la fine del mondo degli indigeni mesoamericani. Anche qui la lingua in cui parlano tutti i protagonisti è quella dei Maya, o almeno la sua più simile controparte moderna. Le critiche fioccano ancora numerose, ma stavolta sono molto più pertinenti, perché il regista pretende realismo, ma sfocia in tutta una serie di invenzioni, utili più alla drammatizzazione che alla ricostruzione storica.
Come opera di fantasia, Apocalypto non è un brutto film, ma come documentario sugli usi e costumi dei Maya prima della loro fine lascia parecchio a desiderare. Immancabili le scene di violenza spinta, più o meno disturbanti, ma si tratta di una risposta soggettiva e tutto sommato non sono troppo indigeste. Intendiamoci: siamo lontani da un capolavoro e forse nemmeno è un film indimenticabile, ma non è più brutto di molti altri nei quali sembra il regista abbia messo solo un’idea, ma senza la volontà di comunicare o veicolare un messaggio preciso.
Rimane un passo falso, come anche lo è stato Signs (2002), di M. Night Shyamalan, dove Mel Gibson veste i panni del protagonista: la pellicola inciampa in un tema caro alla Fantascienza come l’invasione aliena, ma è declinata in un film introspettivo, tutto basato sulla fede (o sulla sua mancanza) di un uomo che ha perso tanto della sua vita e non riesce a vedere quanto ancora gli rimanga.
Altri film da recuperare
Sono anni di declino, che comunque segnano la presenza di Mel Gibson in film di un certo rilievo, come Payback: la rivincita di Porter (1998), Il patriota (2000), la deliziosa commedia What women want (2000) e We were soldiers (2002).
Recentemente ha rinunciato alla regia di The expendables 3, ma è entrato a far parte del cast nel ruolo d’antagonista, sebbene il franchise della saga abbia avuto meno effetti positivi sull’attore rispetto ad altri colleghi finiti nell’oblio, come Dolph Lundgren. Mel Gibson vive tempi non semplici: due unioni andate in fumo, insieme a centinaia di milioni di dollari in risarcimenti e cause di divorzio; le accuse d’antisemitismo; il ricovero in clinica per disintossicarsi dalla dipendenza dell’alcol.
La risalita
Si sono spese pubblicamente per lui le amiche di sempre Jodie Foster e Whoopi Goldberg e forse è in fase di ripresa: è del 2016 il buon La battaglia di Hacksaw Ridge, la storia del primo obiettore di coscienza nella storia degli USA, un film che vi consigliamo di recuperare, mentre dovrebbe vedere la luce (è proprio il caso di dirlo!) La passione di Cristo: resurrezione, che segnerà il ritorno di Mel Gibson alla regia.