Robin Williams: il nostro capitano e mattatore degli anni ’90
Robin Williams
«I used to think that the worst thing in life was to end up alone. It’s not. The worst thing in life is to end up with people who make you feel alone».
Il nostro capitano
Della vita di Robin Williams ne hanno scritto tanto e altrettanto ne scriveranno in futuro. E in tanti. Siamo rimasti sconvolti dalla sua tragica fine, di come sia morto, perché ci piaceva ed eravamo ormai abituati a vederlo al cinema. La sua carriera è stata lunga più della nostra adolescenza. L’inizio di tutto è da far risalire a una puntata di Happy days, nella quale interpreta l’alieno che lo renderà poi famoso: Mork, nello spin-off Mork e Mindy.
Gli esordi comici
Era il 1978, ma già dal 1977 Robin Williams aveva iniziato a farsi conoscere all’interno del Richard Pryor Show e fino alla fine degli ’80 sarà interprete di numerose stand up, che lo vedono come assoluto protagonista. Il suo umorismo è sagace ed è fatto di battute veloci, spesso fulminanti, e di imitazioni perfette: Mork e Mindy, per l’appunto, ne è un esempio lampante.
Un attore già noto sul piccolo schermo non poteva che partecipare a un film su quello grande: siamo nel 1980 e Robert Altman sceglie Robin Williams per interpretare Braccio di Ferro, nella versione live action del comic di Segar. La pellicola è una produzione Disney quasi dimenticata da tutti, ma varrebbe comunque la pena di darle un’occhiata, anche per semplice curiosità.
Uno speaker indimenticabile
Se l’inizio non è scoppiettante, i lavori successivi lo fanno emergere un po’ di più. Nel 1984 è il momento di Mosca a New York, nel quale interpreta un sassofonista russo nella Grande Mela. Nel film possiamo ammirare la sua abilità nel suonare il sax e nel parlare russo che, per inciso, era solo una delle lingue che conosceva, insieme a spagnolo, tedesco e francese. La consacrazione ufficiale arriva nel 1987, con Good morning Vietnam, per il quale sarà candidato agli Oscar e riceverà un Golden Globe.
Il regista della pellicola, Barry Levinson, gli aveva offerto poi una possibilità equivalente al Sacro Graal di molti attori: poter improvvisare. E Robin Williams ne era maestro assoluto, come dimostrerà pure quando doppierà il Genio nella versione originale del cartone Disney Aladdin. Altro film dimenticato, ma da ricordare, è Le avventure del Barone di Munchausen (1988), di Terry Gilliam, nel quale Robin Williams ha un piccolo, ma impegnativo ruolo. La sue è impressionante e lo è ancora di più sapendo quanti suoi titoli abbiano avuto un peso importante nella nostra vita.
Tutti in piedi!
Ovviamente l’esempio più calzante è L’attimo fuggente (1989), che ci fece salire tutti sui banchi e dire «Oh Capitano, mio Capitano». Gli valse anche la seconda nomination agli Oscar e lo sdoganò come attore non solo comico, dando una svolta e completando la sua già brillante carriera. Segue Risvegli (1990) al fianco di Robert De Niro e tratto dal libro L’Uomo che scambiò sua moglie per un cappello, nel quale veste i panni del medico.
Terry Gilliam lo vorrà ancora una volta per La leggenda del Re Pescatore (1991) e nel corso degli anni successivi usciranno film del calibro di Hook, Toys e Mrs. Doubtfire. A metà degli anni ’90 la quantità e la qualità delle pellicole con cui avete almeno familiarità, se non riconoscenza, è impressionante e colloca Robin Williams tra gli esponenti di punta di quella decade.
Una quantità impressionante di film
L’elenco non è ancora finito e nel 1995 esce Jumanji, nel quale è possibile ammirare anche una giovanissima Kirsten Dunst. Infine citiamo anche Harry a Pezzi (1997), di Woody Allen, con la celebre scena dell’attore fuori fuoco; Patch Adams (1998), sulla vita del dottore che ha introdotto la comicità nelle corsie d’ospedale.
Fino al nuovo secolo Robin Williams recita in almeno un film all’anno. Alcuni sono capolavori, come Will Hunting: genio ribelle o Al di là dei sogni; altri sono assolutamente da dimenticare, come Jack, per la regia di Francis Ford Coppola, uscito nel 1996.
Il protagonista della storia è un ragazzino con una malattia rarissima che lo fa invecchiare quattro volte più velocemente del normale: all’età di 10 anni ne dimostra quaranta. Ovviamente il suo volto è quello di Robin Williams, perfettamente a suo agio nel recitare la parte di un bambino col corpo da adulto.
Alti e bassi
Jack è una commedia leggera, malgrado le tematiche e le implicazioni della malattia devastante del protagonista, ma non riesce ad aggiungere nulla di nuovo e di certo, se non ne avete mai sentito parlare, un motivo c’è. Così, la carriera di Robin Williams continua in questo modo, tra perle vere e proprie e commedie piuttosto anonime e con poco mordente, ma rette tutte e unicamente dalla sua verve comica.
Una perla poco nota
Film come Vita da camper o L’uomo bicentenario sono piacevoli ma, in fondo, superflui. L’uomo dell’anno (2006) si piazza invece a metà strada esatta. È la storia di un comico che si candida alla Casa Bianca e vince non per la sua capacità di far ridere, ma per la perfetta analisi satirica degli USA che offre ai suoi elettori. Ma vogliamo chiudere con un piccolo capolavoro prodotto dalla Darko Entertainment: s’intitola Il papà migliore del mondo.
Robin Williams interpreta la parte di Lance Clayton, professore di liceo con ambizioni da scrittore, che però sono puntualmente frustrate dai rifiuti delle case editrici. La situazione cambia e di molto quando riesce a spacciare un suo scritto come fosse il diario di suo figlio. Si tratta di una commedia profondamente amara, ma davvero bella.
Lo shock per la sua perdita
Come sapete, Robin Williams non è più con noi. L’11 Agosto 2014 l’attore è stato trovato morto nella sua casa. È stato un suicidio. Era affetto, ma si scoprirà solo dopo l’autopsia, da una malattia neurodegenerativa che causa frequenti allucinazioni visive, forse responsabili d’averlo spinto a togliersi la vita.
Continueremo a ricordarlo coi suoi pregi e difetti: la dipendenza dalla droga, della quale non era mai riuscito a liberarsi del tutto, perfino dopo la morte dell’amico John Belushi; la particolare sensibilità, che lo rendeva insieme fragile e forte.
La depressione e la malattia
Un clown triste, scivolato nella depressione e che ha scelto per la sua fine una morte tragica. Questo aspetto della vicenda di Robin Williams è forse il lato più doloroso per i tanti fan, ancora attoniti e privi di parole per esprimere la loro amarezza e un certo senso di vuoto.
Robin Williams era un’icona degli anni ’90, capace d’aver incarnato positività, serenità e una certa leggerezza, così necessarie da ritrovare in questi nostri tempi, e che amavamo riscoprire a prescindere se le veicolasse attraverso la voce da una radio, nei panni di una vecchi tata, di un saggio e malinconico docente o di un sensibile medico.
Eppure, Robin Williams guardava dentro di sé e vedeva un pozzo nero, un abisso il cui argine è andato negli anni sgretolandosi e lo ha reso solo e smarrito, insieme ai suoi personaggi ormai meno adatti ai tempi cambiati. Non è un caso, forse, se questa discesa è stata accompagnata anche da ruoli completamente al di fuori del suo percorso, come in One our photo o Insomnia.
Un vuoto incolmabile
A noi manca molto, così come sentiamo la mancanza di quelle storie che ci ha raccontato, le frasi che, perché dette da lui, erano così semplici eppure capaci di trasmetterci l’energia per tornare a sorridere, a vedere le cose in modo migliore e a stringerci attorno alle persone cui vogliamo bene.