Dolph Lundgren: l’attore geniale che ci spiezzò in due
Dolph Lundgren
«Molte persone pensano che io sia Ivan Drago: non conoscono la parte della mia personalità da ingegnere chimico, non conoscono la parte geek».
Spiezzati in due
È ovvio: dobbiamo partire da quella battuta che, nel 1985, fece il giro del mondo e venendo citata talmente tante volte, da entrare nella storia. Ci fossero stati i social network, all’epoca, avremmo visto millemila meme e l’avremmo letta su decine e decine di stati; l’avremmo detta al lavoro, ci avremmo fatto delle magliette e, molto probabilmente, sarebbe stata anche scaricata, per essere usata come suoneria in un numero enorme di cellulari.
Una frase perfetta
«Io ti spiezzo in due» è una frase perfetta. Semplice e diretta. Il merito di quella immediatezza va anche ai traduttori, adattatori e doppiatori, oltre che alla stazza e alla presenza fisica dell’attore, Dolph Lundgren, che la recitava di fronte a un Sylvester Stallone dai muscoli appena un po’ meno accentuati. Rocky Balboa vs Ivan Drago è per molti il vero incontro del secolo, pur se fittizio.
E Dolph Lundgren è entrato nella leggenda grazie a esso. Nato a Stoccolma, l’attore ha dichiarato d’essere stato un ragazzo insicuro e deboluccio, dalla salute minata dalle allergie. Crescendo, s’è avvicinato alle arti marziali ed è diventato un cristone di 1,96 metri, capace d’incutere timore a chiunque, perfetto per recitare i ruoli da cattivo.
Gli scivoloni
È, infatti, un membro del KGB in 007: bersaglio mobile nello stesso anno nel quale indossa i pantaloncini con falce e martello per dimostrare la superiorità dell’URSS contro lo Stallone Italiano Made in USA. Era però già famoso per la sua love story con la cantante Grace Jones, della quale era guardia del corpo: c’era solo da provarci a sfiorarla, con uno come lui accanto.
Ma, come detto, è Rocky 4 a catapultarlo nell’Olimpo ed è un peccato se poi la sua carriera si sia arenata in moltissimi film davvero poco riusciti. Sono, tra l’altro, pellicole che non possiamo ignorare perché, in un modo o nell’altro, fanno parte della nostra cultura di riferimento.
I Dominatori dell’Universo
Primo enorme passo falso è appena due anni D.D. (Dopo Drago). Esce, infatti, nel 1987 I Dominatori dell’Universo. Ora, se avete qualche annetto, diciamo almeno quattro decine, sicuramente vi ricorderete della serie di giocattoli dei Masters of the Universe, per gli amici MOTU. Popolarissimi e ricercatissimi ancora oggi nel mercato vintage, i Masters facevano la felicità dei bambini d’allora.
Chiaro, dunque, come s’arrivò alla scelta di farne un film live action: Dolph Lundgren fu scelto per il ruolo del protagonista He-Man, l’uomo più forte dell’intero Universo (lo sappiamo che state canticchiando la sigla). La saga dei Masters si svolgeva sul pianeta Eternia e, tutto sommato, era da considerarsi un fantasy con streghe, magia, bestie e altre amenità.
Forse per questioni di budget, il film invece abbandona il pianeta esotico e trasferisce tutto sulla Terra, scavando un baratro profondo fin dalle primissime battute. I Dominatori dell’Universo riesce nel massacrare tutto quanto He-Man e soci rappresentavano nell’immaginario collettivo. Se volete farvi del male, potete recuperarlo facilmente: ma noi vi abbiamo avvertito.
The Punisher
Quattro anni D.D. e Dolph Lundgren si trova protagonista nel film Il vendicatore che, malgrado il titolo, è una riduzione cinematografica dell’antieroe Marvel The Punisher. Anche qui gli sceneggiatori decidono di lavorare un po’ sul plot e ne esce qualcosa d’indicibilmente brutto. Dopo aver distrutto due icone dei ragazzini del tempo, c’è una piccola risalita.
La risalita
Nel senso che Dolph Lundgren è chiamato per ruoli in film d’azione senza infamia e senza lode. Spesso pellicole che escono direttamente nel circuito televisivo e non fanno praticamente danno. Tutto sommato, si tratta di quei film che ti godi, perché non hai praticamente aspettative, e risultano alla fine piacevoli, ma trascurabili.
The expendables
Bisogna aspettare il 2010 per vederlo in una pellicola ad alto budget che spacchi il botteghino, pur essendo fracassona e tamarra. Infatti, l’amico Sylvester Stallone lo prende nel cast del suo I mercenari, saga action autoironica che ha il pregio di riunire assieme tutti gli eroi dei film di genere anni ’80 e che sicuramente avete visto.
Sono ben quattro i titoli della serie, di cui l’ultimo recentissimo è il meno riuscito, ed è molto buffo notare come nel primo film il suo rapporto col personaggio interpretato da Stallone sia quantomeno problematico, quasi rimandi a quel ring dove tutto cominciò. Inoltre, recentemente è stato anche il mafioso Konstantin Kovar, nella serie TV Arrow, riuscendo a pulire, almeno un po’, la macchia lasciata nel mondo dei supereroi quando fu chiamato a interpretare il Punitore. In casa DC tornerà, poi, col primo Aquaman di James Wan.
Un attore geniale
Dolph Lundgren non è un attore particolarmente dotato, fa il suo, ma non si urla al miracolo quando lo si vede in scena, sebbene nel secondo capitolo di Creed in molti giustamente lo abbiano indicato come la vera sorpresa del film sulle vicende del figlio di Apollo, all’interno dell’universo narrativo di Rocky. Forse è un uomo che ha trovato una passione, qualcosa che lo diverta. D’altra parte, è dotato di un’intelligenza enorme e si stima abbia un QI di 160, lo stesso di Einstein; parla cinque lingue, compreso il giapponese, ed è dotato di una vera passione per le arti marziali e il body building.
Strane scelte
Ha costruito il suo fisico e l’ha utilizzato per il cinema e avrebbe anche potuto debuttare con un paio di anni d’anticipo, se non avesse rifiutato la parte del cattivo in Coraggio… Fatti ammazzare, di Clint Eastwood. Scelte strane: se non sei un genio, si fa fatica a comprenderle. Lo abbiamo citato recentemente ne Il buono, il brutto e il morto, pellicola tra action e western uscita nel mercato home video con Koch Media, e nel 2016 è stato protagonista del sequel di quel Un poliziotto alle elementari, che fu di Arnold Schwarzenegger, purtroppo mettendo d’accordo critica e pubblico: bocciato. Ma non importa, noi gli vogliamo bene comunque. Pure perché, altrimenti, ci spiezza in due.