Willem Dafoe: la variegata carriera di un attore mai banale
Willem Dafoe
«You have to lose yourself to find yourself».
Un attore mai banale
È stato un vampiro e un goblin, il figlio di Dio e Pier Paolo Pasolini; ha combattuto in Vietnam ed è stato anche a letto con Madonna. Stiamo parlando di Willem Dafoe e delle sue tante vite sullo schermo. La passione per la recitazione gli nasce fin da giovane e già al college segue corsi di recitazione. In seguito, s’unirà al gruppo teatrale d’avanguardia Theatre X e con esso parteciperà a diversi tour.
Gli esordi al cinema
Il cinema lo accoglie nel 1980, col western I cancelli del cielo, di Michael Cimino. La sua piccola parte sarà tagliata in fase di montaggio e sarà pure licenziato dal regista, perché scoppiato in una fragorosa risata probabilmente nel momento sbagliato.
Platoon
Poco male: qualche anno dopo lo troviamo nella parte del cattivo in Strade di fuoco (1984), insieme a Bill Paxton, e nel 1986 diventa un’icona del cinema con la sua partecipazione in Platoon, di Oliver Stone.
Il ruolo del sergente Elias gli apre più porte di una chiave universale e, oltre la candidatura agli Oscar come Miglior Attore Non Protagonista, gli vale una serie di critiche positive che lo fanno emergere al punto da essere protagonista nei due anni successivi di altrettanti film di successo, entrambi del 1988.
Il primo è Mississippi burning: ispirato all’assassinio degli attivisti per i diritti dei neri avvenuto tra il 21 e 22 Giugno 1964, racconta e svela razzismo ed efferatezza del Ku Klux Klan. Se non lo sapete, il KKK era un’organizzazione per la supremazia della razza bianca e, come tutte le associazioni di questo tipo, era composta dalla più becera e stupida feccia razzista, del tutto simile a quella che possiamo trovare in Italia.
L’America profonda
Accanto a Willem Dafoe c’è anche Gene Hackman, nella parte del poliziotto del Sud esperto di mentalità e, soprattutto, metodi dell’America più profonda e rurale. Anche il rapporto tra i due è molto suggestivo. Insomma, se non lo avete ancora fatto, recuperate il film e vedetelo.
L’ultima tentazione di Cristo
La seconda pellicola è di quelle capaci di tirarsi dietro polemiche inaspettate. Stiamo parlando de L’ultima tentazione di Cristo e Willem Dafoe interpreta Gesù. Pare che sia stato scelto anche perché, all’epoca del film, aveva 33 anni, come il Nazareno. Fa scalpore perché ci mostra un Gesù umano il quale, durante gli ultimi istanti del supplizio della crocifissione, immagina di mollare tutto per vivere una vita da uomo normale, di sposarsi e avere figli, di vivere un futuro con Maria Maddalena e morire in pace.
Martin Scorsese alla regia fu attaccato dalle polemiche degli integralisti cristiani, sia in patria sia fuori, tanto che il film non fu distribuito in alcune nazioni. In Italia s’invocò la censura (strano!), ma uscì comunque in tarda estate.
Borsellino contro
Tra i contestatori dell’immagine di Gesù offerta c’era anche Paolo Borsellino: il giudice ucciso dalla mafia il 19 Luglio 1992 era un uomo dalla granitica fede e, in occasione di un dibattito per la presentazione di un libro sulla vita di Cristo, invitato a parlare, s’espresse con parole dure nei riguardi sia della pellicola che del libro, ammettendo però di non aver visto il primo, né letto il secondo, prefazione a parte.
Al servizio di grandi registi
Malgrado le critiche o comunque la pensiate, L’ultima tentazione di Cristo è forse il film più importante al quale Willem Dafoe abbia mai partecipato, sicuramente uno tra i più belli. Considerando che l’attore ha avuto modo di lavorare con gente del calibro di Abel Ferrara (praticamente in ogni suo film), Lars Von Trier, David Lynch (Cuore selvaggio, 1990), Wim Wenders (Così lontano, così vicino, 1993), Paul Auster (Lulu on the bridge, 1998) e David Cronenberg (eXistenZ, 1999), potete voi stessi avere un metro di paragone efficace.
Nel corso degli anni ’90, Willem Dafoe alterna film di spessore ad altri meno riusciti. Questa sua caratteristica rimarrà immutata negli anni: la capacità di muoversi con successo tra pellicole d’autore, se non proprio d’avanguardia, piccole produzioni indipendenti e mega produzioni hollywoodiane, come Sotto il segno del pericolo (1994), terzo capitolo dedicato all’agente Jack Ryan, ideato da Tom Clancy.
Top e flop
Dopo essere tornato a lavorare con Oliver Stone in Nato il quattro luglio (1989), possiamo possiamo annoverare tra i film meno riusciti Body of evidence (1993). Trainato dal successo di Basic instinct, uscito nello stesso anno e del quale condivide il filone erotico e investigativo, vede Willem Dafoe nelle vesti di un avvocato impegnato nella difesa della giovane e affascinante Rebecca, interpretata da Madonna.
La ragazza è accusata d’aver causato la morte del suo amante con un gioco sadomaso, usando il suo stesso corpo come arma del delitto. Il film ebbe un discreto successo, ma decisamente non ci sentiamo di consigliarlo.
Nosferatu
In questa decade, sono infine da segnalare Basquiat (1996), biopic dedicato all’artista scomparso nel 1988; Il paziente inglese (1996); Speed 2 (1997). Nel 2000 esce L’ombra del vampiro: racconta un possibile dietro le quinte della realizzazione di Nosferatu, capolavoro di Murnau del 1922. Willem Dafoe interpreta Max Schreck, il vampiro del film, e la pellicola gli vale una nomination all’Oscar.
Goblin
Il nuovo millennio è anche quello dei tre Spider-Man di Sam Raimi e Willem Dafoe veste i panni, o per meglio dire l’armatura, del Goblin, storico nemico dell’Arrampicamuri.
Interpretazione riuscita perfettamente, al pari di tutto il primo film, per la quale riceve una nomination come Miglior Villain agli MTV Movie Award. Il suo è un Norman Osborn che cede inesorabilmente alla follia e al delirio: il ghigno donato dall’attore resta impresso ed è ancora oggi usato per meme di vario tipo, secondo solo al pianto del Peter Parker di Tobey Maguire.
Tanto popolare il suo Goblin, da meritare di tornare in quel capitolo segnante dell’MCU di Spider-Man: no way home: sebbene il villain proveniente dal Multiverso non sia esattamente lo stesso del primo film di Raimi, Willem Dafoe offre un’altra versione del nemico dell’Uomo Ragno possibilmente più spaventosa e convincente della prima.
American psycho
Gli anni 2000 donano a Willem Dafoe una seconda giovinezza: oltre a vampiri e villain di casa Marvel, l’attore figura anche in American psycho, con Christian Bale come protagonista assassino e lui in qualità di detective. Non si tratta di un thriller vero e proprio, ma di un film tratto da un bellissimo romanzo e che punta sull’alienazione. Nel secondo capitolo della saga di Batman di Christopher Nolan, tra l’altro, sembrerebbe ci sia una citazione, crediamo involontaria, proprio di quella pellicola.
Altri film da segnalare
Questo periodo è caratterizzato da The aviator (2004), ancora diretto da Martin Scorse; Manderlay (2005), di Lars von Trier e seguito meno riuscito di Dogville, e ancora col regista in Antichrist (2009); Inside man (2006), di Spike Lee. Nel secondo decennio arrivano i due capitoli di Nymphomaniac (2013) e Grand Budapest Hotel (2014); soprattutto, esce il discusso Pasolini (2014) di Abel Ferrara.
Willem Dafoe interpreta il regista romano nelle sue ultime ventiquattro ore di vita e il film si sofferma più sulla sessualità di Pier Paolo Pasolini che sulla sua visione artistica, proprio per la particolare scelta di riportare sullo schermo il brutale omicidio.
Abel Ferrara ha dichiarato d’aver scelto il movente della rapina degenerata in aggressione omofoba, ma che è da considerarsi pura immaginazione, visto che nessuno sa cosa sia veramente successo quella notte, all’Idroscalo di Ostia. Tra l’altro, va detto come l’attore si veda spesso passeggiare per le strade della Capitale: parla italiano e sicuramente ha un certo peso il suo ultimo matrimonio con la collega pescarese Giada Colagrande.
Quante storie in cui ammirarlo
A ulteriore conferma di quanto sappia essere poliedrico, figura nell’action muscolare John Wick (2014), accanto a Keanu Reeves, e in The great wall (2016), colossal cinese con Matt Damon.
In questi ultimi anni Willem Dafoe ha continuato ad alternare grosse produzioni a piccole perle d’autore, molto apprezzate anche qui in Redazione: è il caso di Assassinio sull’Orient Express (2017); Seven sisters (2017); lo splendido Un sogno chiamato Florida (2017); Aquaman (2018) di James Wan, insieme a Jason Momoa; il biopic Van Gogh (2018); The lighthouse (2019), horror di Robert Eggers col quale tornerà a lavorare per l’osannato The northman; Motherless Brooklyn (2019), il noir di Edward Norton presentato alla Festa del Cinema di Roma.
Lontano dal cinema
Ma non finisce qui: Willem Dafoe, infatti, ha prestato la sua voce in numerosi progetti di valore e per media differenti. Partiamo con la prima collaborazione degna di menzione: il mondo è quello dei videogame e l’attore presta le fattezze a Nathan Dawkins, in Beyond: two souls, fortunato titolo di Quantic Dream, che già aveva mietuto successi con Heavy rain e, prima ancora, con Fahrenheit, che presenta nel cast anche Elliot Page.
Willem Dafoe, però, oltre a un episodio de I Simpson, entra anche nella famiglia Disney, presta la voce a Branchia, tra i protagonisti di Alla ricerca di Nemo (2003) e al sequel Alla ricerca di Dory (2016). Per chiudere, l’attore è anche nel cast di doppiatori nel discusso live action di Death note, uscito su Netflix nel 2017. Insomma, nonostante qualche inevitabile inciampo, la carriera di Willem Dafoe brilla luminosa e ci consegna un vero e proprio patrimonio della cinematografia mondiale, un attore mai banale e ricco di sorprese, come ci ha dimostrato nel giustamente celebrato Povere creature!.