Alberto Sordi: l’amore impietoso di un gigante del cinema
Alberto Sordi
«La mia comicità non è mai stata astratta, gratuita: l’ho sempre ricalcata sulla realtà del momento».
Il cinema italiano
Alberto Sordi, un irresistibile e sornione romanaccio che, partendo dalla vociona di Ollio Oliver Hardy, fino alle ultime, malinconiche interpretazioni, ha letteralmente fabbricato la storia del cinema e della commedia all’italiana. Impossibile non serbare un ricordo di lui, delle sue espressioni inconfondibili o di uno di quei dialoghi in cui si resta fulminati dalle sue battute. Difficile anche trovare due persone differenti in cui tali ricordi collimino, vista la sconfinata quantità di personaggi cui Albertone ha prestato il volto nel corso degli anni e che si sono impressi, uno dopo l’altro, nel cuore di intere generazioni.
I tanti volti di Albertone
E davvero ci vorrebbe una recensione diversa per ognuna delle sue creature, per celebrare degnamente l’impatto che le interpretazioni di Alberto Sordi hanno avuto sull’immaginario di un intero Paese. Medici della mutua, vigili urbani, tassinari, soldati di trincea, guitti, nobili papalini, borghesi piccoli piccoli, aspiranti annunciatori di telegiornale, partigiani, ladruncoli di borgata, fruttaròli, monsignori, mercanti d’armi, vetturini: tutti con la stessa faccia, sono figli che Alberto Sordi ha concepito, nel corso di una lunghissima carriera, assieme all’unico vero amore della sua vita: la nostra Italia.
Un rapporto viscerale
E piaccia o no, il sentimento che lega Alberto Sordi all’Italia e agli italiani è profondissimo, viscerale. Magra figura toccò a Francesco Speroni: leghista, ex Ministro per le Riforme Istituzionali del primo Governo Berlusconi che, mentre un fiume di gente, circa 150.000 persone in due giorni secondo l’ANSA, risaliva la Cordonata del Campidoglio per portare alla salma dell’attore un ultimo saluto, tentò di derubricarlo come «solo espressione della cultura romana». Fu lo stesso senatùr Umberto Bossi a metterci una pezza nell’arco di poche ore, rispedendo Speroni nel nulla da cui era venuto e lasciando che Albertone fosse giustamente pianto da tutto lo stivale.
D’altro tenore e significato, invece, furono le critiche mosse nei confronti di questo amore molti anni prima, da parte di un uomo di ben altro valore. Pier Paolo Pasolini, cui l’Italia deve molto più di quanto si creda o, peggio, si speri, ebbe a dire che «alla comicità di Alberto Sordi ridiamo solo noi: perché solo noi conosciamo il nostro pollo. Ridiamo e usciamo dal cinema vergognandoci d’aver riso, perché abbiamo riso sulla nostra viltà, sul nostro qualunquismo, sul nostro infantilismo».
Il giudizio di Pasolini
È un giudizio severo, che colpisce sotto la cintura, suscita un istintivo moto d’antipatia nei confronti di chi lo pronunciò e spesso riesce a congelare il sorriso di chi sta gustando uno dei tanti, indimenticabili momenti che Alberto Sordi ci ha lasciato su celluloide. Tuttavia, è un giudizio vero e, mettemola come ce pare, inconfutabile. Facciamo alcuni esempi.
- Guido Tersilli, avidissimo arrampicatore sociale
- Otello Celletti, incorruttibile cretino
- Nando Mericoni, incorreggibile cretino
- Agostino il Moralista, irreprensibile trafficante di prostitute
- Oreste Jacovacci, eroe vigliacco
- Alberto Nardi, inetto aspirante vedovo
- Giovanni Vivaldi, massone per convenienza, carnefice per vendetta
- Guglielmo Bertone, preparatissimo, insopportabile e paraculo
- Silvio Magnozzi, imbattuto dai nazisti, sconfitto dal boom economico
- Onofrio del Grillo, incapace d’arrivare all’età adulta
Sono solo alcuni dei ritratti che Alberto Sordi ha tracciato, riempiendo le sale di gente che s’è sganasciata e continuerà a sganasciarsi nei secoli dei secoli, guardandosi allo specchio. È lecito ridere di noi stessi e delle nostre nequizie? O l’unico modo per migliorarsi sono il rigore e le bacchettate?
Questo è un dilemma che lacera gli abitanti della nostra Penisola da millenni: già nel primo secolo dopo Cristo, Orazio si chiedeva «ridentem verum dicere: quid vetat?», ma ancora adesso non siamo arrivati a una conclusione.
Solo amore
Nerdface, che vuole solo celebrare Albertone, non ha i mezzi per dirimere una controversia così profonda, ma una cosa da dire ce l’ha. L’amore è una faccenda complicata, che mescola nel petto roba che la logica non accosterebbe mai, e amare l’Italia e gli italiani è un osso ancora più duro da rosicà.
Ci ha amati Pasolini, struggendosi e venendo distrutto per i nostri incorreggibili difetti; ci ha amati Alberto Sordi, che gli stessi difetti li ha sbattuti sulla pellicola con un realismo così impietoso ed efficace da renderli a tratti esilaranti, sicuramente non meno gravi. E quindi: solo amore, se amore sai dare.