Arancia meccanica: il capolavoro immortale di Stanley Kubrick
Arancia meccanica
«Il Korova Milkbar vende Latte+, cioè diciamo latte rinforzato con qualche droguccia mescalina, che è quel che stavamo bevendo. È roba che ti fa robusto e disposto all’esercizio dell’amata ultraviolenza».
Una storia di ultra violenza
Nel Settembre del 1975, in una lussuosa villa sul mare, Donatella Colasanti e Rosaria Lopez vissero momenti di puro terrore, vittime degli abusi feroci di tre giovanotti della Roma bene, che le tennero segregate. Uccisero Rosaria, annegandola, e provarono ripetutamente a eliminare anche Donatella, la quale riuscì, fingendosi morta, a evitare la stessa sorte. Chiusi i corpi delle due ragazze nel bagagliaio dell’auto, i tre assassini andarono a cena e diedero a Donatella l’occasione per chiedere aiuto ed essere alla fine salvata dal calvario che aveva vissuto con la sua amica. Durante i mesi e gli anni successivi, la ragazza ebbe anche modo di raccontare i fatti di cui era stata vittima; lo stesso fecero due dei tre colpevoli arrestati, mentre l’ultimo si era invece dato alla latitanza.
Un archetipo
Ne emerse uno spaccato di violenza, droga e perversione e, fra tutte le informazioni, uscì fuori che prima d’iniziare il massacro, in quella villa sul promontorio del Circeo i ragazzi ascoltarono quasi tutta la colonna sonora di Arancia Meccanica, film di Stanley Kubrick uscito pochi anni prima, nel 1971. L’accostamento era suggestivo e i giornali non mancarono di farlo notare; come avrete notato, ancora oggi, quando si sente parlare di crimini così feroci e violenti, il capolavoro del regista viene subito alla mente.
Il significato del libero arbitrio
Arancia Meccanica è un’opera distopica, ambientata in un futuro prossimo e, contrariamente a quanto possiamo immaginare, s’occupa di sondare il significato del libero arbitrio. A partire dal titolo, lo stesso del libro di Anthony Burgess dal quale è tratto, il film vuole alludere a qualcosa di apparentemente normale, tranquillizzante nella sua banalità, ma che all’interno è artificioso e meccanico e, a conti fatti, freddo e asettico come un meccanismo oliato.
Vivere nella società vuol dire sottostare a quelle regola di convivenza civile che invece il protagonista, Alex DeLarge, a capo della sua banda di Drughi, schiva e rifiuta, concentrando la sua esistenza in un’edonistica ricerca dell’«ultraviolenza» e della droga. C’è la musica classica a fare da colonna sonora e, come altri elementi del film, il suo uso è distorto. Il bello è in qualche modo sterile, se non è utilizzato addirittura per sottolineare la perversione del protagonista. Perfino il sesso è narrato da Stanley Kubrick attraverso un montaggio meccanico, per fargli perdere ogni connotazione erotica e trasformarlo in un’esecuzione asettica, come si trattasse del movimento a stantuffi di un motore.
Un grande Malcolm McDowell
Alex DeLarge, interpretato magistralmente da Malcolm McDowell, non è poi così lontano da molti adolescenti neofascisti, la cui violenta natura s’esprime, per fortuna non così spesso, in azioni autoriferite volte a dimostrare agli altri membri della società d’essere un gradino sopra. Stanley Kubrick legge bene questa dinamica nella sua analisi, ma punta il dito anche contro quella società che dovrebbe garantire sicurezza. Al pari del romanzo originale, va oltre.
La Cura Ludovico
Alex DeLarge è arrestato dopo aver sfogato insieme alla sua banda tutta la violenza di cui è capace. Bene, si direbbe, il meccanismo funziona: le istituzioni isolano le mele bacate e le avvia al reinserimento. Non sarà proprio così. Il protagonista è sottoposto alla Cura Ludovico, una tecnica di suggestione quasi pavloviana durante la quale è costretto ad associare la violenza al dolore fisico. La scena è indimenticabile, col ragazzo immobilizzato e obbligato a tenere gli occhi aperti attraverso due fermi metallici.
Ne esce come trasformato, sembra finalmente un individuo modello e integrato. Solo che non è vero. La società lo ha represso negandogli, di fatto, la libertà di scegliere se essere un uomo migliore o meno. Le risposte alle varie domande poste da Stanley Kubrick non sono tutte di semplice identificazione e lungi da lui è, ovviamente, astenersi dal condannare la condotta dei suoi protagonisti.
Nessuna malattia
Il discorso posto dal regista è invece più raffinato e profondo. L’attacco è principalmente contro quella stessa società che vorrebbe Alex ben integrato, ma che poi gli rivolge addosso la sua stessa violenza, pensando che la sua devianza sia una malattia, non la conseguenza di numerosi e complessi meccanismi sociali. Lo maltratta e lo tortura fino a renderlo innocuo e remissivo, vulnerabile alla ferocia di quel suo stesso sodale di scorribande, ora divenuto poliziotto. Cerca anche di sfruttare la violenza del giovane, a proprio vantaggio…
Un film sconvolgente
Arancia Meccanica fin dalla sua prima uscita sconvolge una buona parte degli spettatori, forse proprio per la capacità di riflettere molte delle loro ipocrisie. Lo stesso Stanley Kubrick fu vittima di lettere minatorie, che lo costrinsero a far ritirare il film dalle sale. Anche la censura lo colpì duramente, reputandolo non adatto ai minori di 18 anni e tagliando di fatto le gambe a una sua programmazione televisiva. Bisognerà aspettare il 1998 prima d’avere un abbassamento del rating ai minori di 14 anni e addirittura il 2007 per una visione sulle reti italiane, ovviamente in seconda serata.
Arancia Meccanica è un’opera senza tempo, capace d’aver superato ogni critica ipocrita, a partire da chi lo indicava quale istigatore della violenza più efferata. È invece una pellicola ancora molto attuale nei temi e nelle domande poste, interrogativi universali spesso privi di una risposta univoca: quale prezzo siamo disposti ad accettare per vivere insieme? Siamo disposti diventare meccanici e a scegliere il bene solo per paura della repressione?
Una curiosità nerd
Oltre a essere un capolavoro indiscutibile, per contenuto, forma, linguaggio, musiche e regia, Arancia Meccanica presenta anche una curiosità nerd: nei panni della guardia del corpo di un ricco tenutario che, per sua disgrazia riceve la visita di Alex e dei suoi sgherri, c’è un attore destinato a entrare di lì a poco nei nostri cuori, quel David Prowse chiamato a indossare un casco nero in galassie lontane lontane…