«Odio questo pianeta»

Dopo una produzione travagliata, che ha visto numerosi interventi sulla sceneggiatura e il cast tornare più volte sul set per aggiustare il tiro, è al cinema con Eagle Pictures un altro film che non smentisce la teoria secondo la quale i videogame dovrebbero restare tali. Si tratta di Borderlands.

Uno dei franchise più amati

Girato da un Eli Roth curiosamente lontano dalla sua confort zone dell’horror e con un cast ricchissimo, che annovera Cate Blanchett, Jamie Lee Curtis e un fastidiosissimo Jack Black a doppiare la spalla comica robotica del film, Borderlands è infatti tratto da uno dei franchise videoludici più amati, ma ne smarrisce il senso, forse nel tentativo di proporre un film adatto a tutti e che, invece, con ogni probabilità tutti scontenterà.

Un’altra Pandora

Protagonista assoluta è un’inespressiva e gommosa Cate Blanchett, nei panni della feroce cacciatrice di taglie Lilith, assoldata dal malvagio e ricchissimo Atlas per tornare sul suo pianeta natale, Pandora, e trovare la figlia fuggita.

Pandora, però, è anche il pianeta teatro di furiose ricerche di un leggendario artefatto alieno che potrebbe cambiare le sorti dell’umanità e dell’intero Universo. Inutile dire che, sul suo percorso, Lilith dovrà fare squadra con una sgangherato gruppo di personaggi e la missione si rivelerà essere molto diversa dalla realtà, ponendola di fronte a scelte morali significative.

Un film insipido

Piatto e insipido, privo di qualsiasi acuto, Borderlands scivola sulla noia nel corso di tutta la sua durata, tra scene risolte sulla fiducia, azione di grande banalità, un colpo di scena molto telefonato e un cast cui sono appiccicati personaggi stereotipati, belli da vedere, ma senza personalità.

Eppure, Borderlands avrebbe avuto tutte le carte in regola per essere un Guardiani della Galassia politicamente scorretto. Sarebbe bastato restare sul solco del gioco originale, caratterizzato dall’estrema violenza, regno nel quale Eli Roth si muove egregiamente e cui, invece, sembra sia stato chiesto di snaturarsi per presentare un piatto insapore, una banale caccia al tesoro che vi invitiamo d’evitare.