Carrie Fisher: quando un’altra principessa era possibile
Carrie Fisher
«I’m very sane about how crazy I am».
Leia
Come faceva notare Ross, in Friends, tutti i nerd rispettabili degli anni ’80 rimasero folgorati alla vista de Il ritorno dello Jedi. Il Sarlacc e il Rancor, Jabba, l’imperatore Palpatine ma, soprattutto, a colpirli positivamente fu la visione di Carrie Fisher nei panni succinti di Leia in tenuta da schiava, che catapultò l’attrice nel mondo delle sex symbol amate, non solo dagli appassionati di Star Wars.
Un’icona
All’epoca la tenuta fu sfoggiata dalla stessa Carrie Fisher su copertine di riviste e in servizi fotografici e fu usata non poco per promuovere il terzo episodio della trilogia classica di Star Wars. Quando arrivarono le prime notizie riguardo la sua presenza ne Il risveglio della Forza, primo capitolo della terza trilogia, in molti si chiesero come avrebbero reagito i fan, paragonandola a quell’immagine di tanti anni prima.
La risposta non tardò ad arrivare, purtroppo: fioccarono le critiche, unite alla becera considerazione di un invecchiamento poco felice. Per fortuna, fu proprio Carrie Fisher a zittire chiunque, ricordando a noi tutti il vero motivo per cui cademmo ai suoi piedi sin dalla sua prima apparizione nelle galassie lontane lontane di Star Wars.
Un’altra principessa
Leia aveva un carattere forte e rappresentò prima di tutti un’altra principessa, ben prima di quelle Disney o di altri esempi di universi narrativi diversi. Divenne, infatti, un’icona femminista perché, pur non rinunciando alla sua femminilità, rispondeva a tono a tutti, uomini in primis; in più, era anche al comando della Resistenza, lo stesso mantenuto con passione dopo tante decadi e con gli anni ad aver segnato il suo corpo, ma non lo spirito.
Il rapporto conflittuale con Lucas
Eppure, Carrie Fisher ebbe un rapporto conflittuale col personaggio di Leia, così come con George Lucas. Se, da un lato, riusciva a capire come Star Wars potesse essere la sua grande occasione, pare che sul set non siano mancati momenti di grande tensione col regista.
In alcuni casi, Carrie Fisher fu anche costretta a ingoiare il rospo per paura d’essere licenziata, mentre in altri non riuscì a trattenersi. Motivo del contendere furono spesso il copione e le battute, di cui si lamentava anche Alec Guinness, tra l’altro.
In uno spettacolo autobiografico, Carrie Fisher affermò letteralmente che George Lucas le rovinò la vita. Altri malumori furono legati, inoltre, ai suoi costumi: odiò la tenuta bianca dei primi episodi, perché non le permetteva d’indossare reggiseni e quindi la costringeva a usare del nastro, detestò la sua acconciatura e, ancor di più, detestò esattamente il succinto abito da schiava, talmente rigido da lasciarle scoperto il seno quando si sdraiava.
Le dipendenze
C’è da dire che all’epoca delle riprese Carrie Fisher soffriva di un disturbo bipolare, aggravato dal consumo di droga e alcol. Durante le riprese de L’Impero colpisce ancora la sua dipendenza dalla cocaina arrivò a livelli tali che l’attrice andò in overdose.
Il problema con la droga se lo portò anche mentre era impegnata in The Blues Brothers e fu proprio durante le riprese del film di John Landis che s’accorse di quanto la sua carriera rischiasse d’essere pesantemente pregiudicata.
Oltre le galassie lontane lontane
Sfiorò il licenziamento in tronco e decise che era giunto il momento di curarsi. Finita la saga di Star Wars, la carriera di Carrie Fisher non s’interruppe bruscamente, ma risentì comunque del legame fortissimo dell’attrice a un personaggio leggendario come Leia. Lavorò con Sidney Lumet e Woody Allen, fu nel cast di Harry ti presento Sally e continuò a far parte del mondo del cinema pur seguendo percorsi diversi dalla recitazione.
Il suo primo romanzo quasi autobiografico, Cartoline dall’Inferno, divenne un bestseller nel 1987 e Columbia ne fece un film con Meryl Streep e Dennis Quaid. Ancora, alla scrittura la volle Steven Spielberg per il suo Hook e partecipò come dialoghista anche ad Arma letale 3.
Pure il suo secondo romanzo, Non c’è come non darla, ricevette critiche abbastanza positive, così come lo spettacolo Whishful drinking, nel quale si mise a nudo parlando del rapporto conflittuale con la madre, attrice anch’ella, tirando le somme della sua vita.
Leia per sempre
È ovvio, però, che continuiamo a ricordare Carrie Fisher per il ruolo di Leia. Così, quando Kyle Newman decise di realizzare il suo tributo ai nerd ormai adulti, quel Fanboys che tutti dovreste vedere, l’attrice è nel cast. La donna è forte e ne Il risveglio della Forza s’intuisce bene come la donna vittima di mille demoni fosse ormai un passato.
Carrie Fisher, infatti, dà corpo a una nuova principessa, coerente con la sua età e col ruolo di Capo della Resistenza ricoperto all’interno del rinnovato universo di Star Wars. Poco importa se l’esito della nuova trilogia abbia convinto poco: resta lei e l’esempio fornito anche alle nuove generazioni di una donna forte, ribelle e lontana da tanti, troppi stereotipi di genere.