Deathloop | Ragione contro sentimento | Recensione
Il voto di Nerdface:
3.5 out of 5.0 stars
PRO
- Idea accattivante
- Ambientazione suggestiva
- Gameplay non mortificante
CONTRO
- Personaggi stereotipati
- IA dei nemici poco sviluppata
- Motore grafico non all’altezza
Serie | Deathloop |
---|---|
Uscita | 14 Settembre |
Gameplay | Single player Multiplayer |
Anno | 2021 |
Piattaforma | PC PS5 |
Genere | FPS |
Sviluppatore | Arkane Studios |
Produttore | Arkane Studios |
Distributore | Bethesda Softworks |
Il voto di Nerdface:
3.5 out of 5.0 stars
Come l’amore conosce ragioni che la ragione non conosce
Ci ho messo una vita a scrivere questo pezzo su Deathloop. Sia perché volevo esplorare il gioco con attenzione, sia perché non riuscivo a trovare la chiave giusta per raccontare cosa ne penso del nuovo titolo di Arkane Studios. Sgomberiamo intanto un punto.
A che genere appartiene Deathloop?
In apparenza, Deathloop cerca di farci credere d’essere un first person shooter, ma non lo è davvero, perché non c’è modo d’arrivare alla fine del gioco semplicemente muovendosi e ammazzando le cose. Dopo qualche ora di gioco, si potrebbe pensare di trovarsi davanti a un roguelike, ma Deathloop non è nemmeno quello perché, pur sfruttando il meccanismo del «prova, muori, ritenta» tipico del genere, non appartiene davvero alla categoria, in quanto la morte è solo una condizione transitoria, per nulla penalizzata, e la mappa non cambia a ogni nuova reiterazione.
Resta, invece, immutabile e pronta per essere memorizzata dal giocatore. Anzi, memorizzarla è proprio obbligatorio, così com’è indispensabile segnarsi nella mente il luogo (e, soprattutto, il momento) in cui certe cose accadono in quella mappa. Verso la fine, dopo una trentina di ore buone passate a cercare di districarsi nell’indistricabile intreccio del gioco, diventa chiaro che Deathloop non è altro che una nuova esplorazione di Arkane Studios nell’ambito delle immersive sim, quei giochi caratterizzati da un ambiente simulato coerente, che risponde in maniera attiva alle azioni dei giocatori, anche andando oltre alle intenzioni di chi il gioco lo ha progettato.
Le situazioni
In sostanza, Deathloop è composto da una serie di mappe sanbox interconnesse, piene di situazioni che possono essere degli scontri, come degli enigmi, come il superamento di un problema ambientale. Ognuna di queste situazioni può essere affrontata in un ordine diverso, con strumenti e abilità diverse ma, soprattutto, in un momento diverso.
Il momento
La questione del momento è di particolare, interesse perché in Deathloop il tempo ricopre un elemento fondamentale e il quando accadono determinate cose definisce davvero l’agenda del giocatore. Avete visto Ricomincio da capo (Groundhog Day), il piccolo gioiello diretto da Harold Ramis e interpretato da Bill Murray? Oppure Edge of Tomorrow, il film com Tom Cruise diretto da Doug Liman?
Avete presente come in questi due film c’è sempre un momento in cui il protagonista, sempre bloccato in un loop temporale che lo costringe a rivivere sempre la stessa giornata, ripetizione dopo ripetizione, sbaglio dopo sbaglio, metta a punto un un giorno perfetto, in cui si trova sempre nel posto giusto, al momento giusto, a fare la cosa giusta? Ecco, il discorso ludico di Deathloop è esattamente questo: riuscire a fare una partita perfetta, a forza di errori, ripetizioni e perfezionamenti, continuando a spostarsi sulla mappa per essere sempre nel luogo preciso dove si deve essere, con lo strumento e l’abilità giusta.
Interessante? Molto. Divertente? Qui il discorso si fa complicato
Perché, a mio modo di vedere, le ambizione sconfinate di Arkane Studios, sia sotto il profilo narrativo che sotto quello ludico, si scontrano coi loro limiti, esattamente com’era già successo in precedenza con la serie di Dishonored e con Prey. Non sto dicendo che la software house francese sia composta da incompetenti, incapaci di trasformare i loro maestosi progetti in realtà, ma che il peso delle idee molto complesse, stratificate e, talvolta, anche profonde che Arkane Studio cerca di mettere sul piatto trascende prima di tutte le loro capacità tecnico-produttive e poi anche le loro competenze artistiche.
Il motore grafico
Sulla carta e in teoria, i loro giochi sono bellissimi. Nella pratica, hanno parecchi problemi. Prendiamo Deathloop, per esempio: su PS5, quando il gioco è fermo, è abbastanza piacevole a vedersi, molto pulito, abbastanza arioso, con belle texture e modelli apparentemente adeguati ma, quando le cose iniziano a muoversi, esce fuori un motore grafico vecchio e rigido, dove la maggior parte degli oggetti d’arredo è inamovibile e le animazioni dei personaggi poco fluide. Inadeguato per la old gen, figuriamoci per quella l’attuale.
Il sistema di combattimento
Va bene che non è il cuore del gioco, ma gli scontri a fuoco sono all’ordine del giorno nel mondo di Deathloop e la resa è davvero obsoleta e stantia. Sembra di giocare a un vecchio Bioshock e, in effetti, è proprio così. Stessa cosa (forse anche peggio) quando si tratta di muoversi in maniera un poco più articolata di una semplice passeggiata: diciamo, semplicemente, che il movimento dinamico nello spazio non è il punto punto forte del gioco.
L’intelligenza artificiale degli avversari
Passa da «carne da cannone senza cervello» a «sono un ninja che ti farà il culo qualsiasi cosa tu farai, perché così è scritto che sia». In mezzo, niente. Non il massimo della vita. E questo riguarda solo il comparto tecnico. Sotto il punto di vista artistico, il character design non è il massimo dell’originalità o della coerenza interna e le ambientazioni risentono tantissimo dell’esperienza che Arkane Studios ha maturato con 2K nello sviluppo del secondo capitolo di Bioshock. Che è un modo carino di dire che il mondo di Deathloop pare una versione tarocca di Rapture.
Infine, la storia
È molto pretenziosa e alta, ma poi mette in scena eroi che si chiamano Colt, che parlano come gli eroi action dei film anni ‘80 e che sono tutti cool come i personaggi dei film dei wannabe Tarantino. Non il massimo della raffinatezza e molto al di sotto dei buoni standard settati, sempre da Arkane Studios, con la saga di Dishonored.
Quindi, per come la vedo io, Deathloop è quasi un buon gioco, più interessante che ludicamente divertente, azzoppato da pretese da titolo Tripla A quando non ci va nemmeno vicino. Poi, sia chiaro, Arkane Studios è stata bravissima a coltivare una nicchia di giocatori molto appassionati, pronti a sorvolare su qualsiasi deficienza tecnica, artistica o produttiva a fronte del lavoro di sperimentazione e ricerca che sta portando avanti e sono certo che questi appassionati mi definiranno un apostata, incapace di capire l’enorme valore e profondità di questo titolo.
E mi sta benissimo: io stesso ai tempi di Demon’s Souls ero pronto a chiudere entrambi gli occhi davanti ai problemi del gioco, perché troppo innamorato di quello che al gioco stava dietro e, ancora oggi, non riuscirei mai a spendere una parola eccessivamente critica nei confronti dei titoli From Software. Ma ero (e sono) accecato dall’amore, appunto, e solo l’amore può trasformare questo Deathloop nel gioco straordinario che taluni innamorati dicono che sia.
Condividi il post
PRO
- Idea accattivante
- Ambientazione suggestiva
- Gameplay non mortificante
CONTRO
- Personaggi stereotipati
- IA dei nemici poco sviluppata
- Motore grafico non all’altezza
Serie | Deathloop |
---|---|
Uscita | 14 Settembre |
Gameplay | Single player Multiplayer |
Anno | 2021 |
Piattaforma | PC PS5 |
Genere | FPS |
Sviluppatore | Arkane Studios |
Produttore | Arkane Studios |
Distributore | Bethesda Softworks |