Amelie: favolosi errori di traduzione | Dott.ssa Stranamore
Favolosi errori di traduzione
Correva la primavera del 2001 quando accadde qualcosa di terribilmente favoloso: la Francia partorì un film destinato a rimanere negli annali della storia cinematografica, campione d’incassi in tutta Europa, nella Top Five dei più visti in America lo stesso anno, candidato a 5 premi Oscar e poi nominato in tantissime altre rassegne cinematografiche del mondo. Il 25 Aprile 2001 era infatti proiettato per la prima volta Le fabuleux destin d’Amélie Poulain, di Jean-Pierre Jeunet e con l’attrice protagonista Audrey Tautou.
Piccoli rituali di benessere
Amélie Poulain, di anni 23, vive a Parigi e fa la cameriera in un bar di Montmartre. Il rapporto coi genitori, un padre algido, avulso dal contatto fisico e dal dialogo, e una madre isterica dall’attaccamento ansioso ed evitante, l’ha portata a vivere una vita di solitudine, costellata di piccoli rituali di benessere, come ficcare la mano in sacchi di iuta contenenti legumi, o rompere la crosticina della creme brulée col cucchiaino.
Lady D
Una sera, scioccata dalla notizia della morte di Lady Diana, fa cadere il tappo della sua acqua di colonia da mezzo litro, che rotola sul pavimento e termina la sua corsa dissestando una mattonella del battiscopa. Amélie scopre che nel muro era stata nascosta una scatola dei ricordi e decide che avrebbe ritrovato il padrone di quel piccolo tesoro: se la restituzione dell’oggetto sortirà un effetto positivo, voterà la sua vita a fare del bene.
Da qui tutta una serie di avventure, volte ad alleviare le tristezze degli altri: l’anziano non vedente, la tabaccaia ipocondriaca, il garzone maltrattato, la vicina mollata dal marito… Tutto cambia, però, nel momento in cui incontra e s’innamora del giovane Nino, che ama collezionare fototessere strappate e buttate via. In Italia il film fu intitolato Il favoloso mondo di Amélie e non Il favoloso destino di Amélie, come avrebbe dovuto.
La mano a cucchiara
Quando lo vidi, all’epoca, pensai subito allo scherzo di un traduttore buontempone, probabilmente romano. Sapete, a Roma l’antìfrasi è la figura retorica per eccellenza. Nella mia testa risuonava quindi: «Na favola ‘sto mondo di Amélie», con tante «o» e la mano a cucchiara. Perché, seppur la nostra protagonista sia molto bella e in salute, convivere con un disturbo di personalità evitante non è tutta questa meraviglia, parliamoci chiaro.
Caschetti
Eppure, tutte volevano essere la giovane protagonista del film, frangetta e caschetto, vestiti vintage e aria stralunata. Tutte furono affette da pareidolia, colte a fotografare nuvole, mettere mani in recipienti a caso, a far finta d’essere solitarie, sognanti, problematiche… Diverse a ogni costo, a partire dal taglio di capelli, che stava bene solo ad Audrey Tautou.
Inevitabilmente, mi schierai contro Amélie e il suo mondo. A distanza di vent’anni, dopo aver visto nuovamente (e con riluttanza) il film, posso dire d’aver capito cosa mi desse veramente fastidio: l’affacciarsi di una tendenza, oggi divenuta moda, d’esaltare i problemi fregiandoli del titolo di diversità, per non essere costretti ad affrontarli. Ma è davvero colpa della povera Amélie, o piuttosto il dito andrebbe puntato contro l’errore di traduzione del titolo del film?
Amélie, grazie anche all’aiuto del vicino di casa, Raymond Dufayel, col quale instaura un rapporto quasi terapeutico, pur sentendosi speciale e rifugiandosi nella fantasia, inizia a riflettere sulla propria vita, immaginando un rapporto con un qualcuno ancora inesistente, piuttosto che a creare un legame con chi è lì con lei; su quanto, in realtà, stia volgendo lo sguardo sulla vita degli altri, anche se in maniera positiva, per non guardare dentro di sé.
Mettersi in gioco
Amélie non resta immobile nella sua scontentezza, però: cerca d’affrontare le proprie paure e si muove, usa le armi a sua disposizione, prova ad alzare il telefono, ma le difficoltà sono troppo forti per lei e non riesce a vincerle. E ha regalato un grande insegnamento: se fallire la propria vita è un diritto inalienabile e il proprio mondo non è sempre bello, il destino può essere fabuleux per chi sa mettersi in gioco.
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Dott.ssa Stranamore
Valentina Borrelli è una psicologa.
Sui social è nota per Chiedimiperchésonosingle.
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Una guida per l’amore al tempo dei nerd.