«L’universo è molto più grande di quanto immagini»

Evelyn è un’immigrata cinese, moglie, madre e proprietaria di una lavanderia a gettoni negli USA. Completamente assorbita dal suo lavoro, non è in grado di star dietro ai bisogni emotivi della sua famiglia. Un giorno, la donna decide d’organizzare una festa per il capodanno cinese, invitando anche il suo anziano padre, venuto apposta dalla nazione asiatica e col quale non è in ottimi rapporti.

La chiave del Multiverso

In una giornata colma di problematiche personali, in cui suo marito sembra volersi separare da lei, sua figlia vorrebbe presentare la sua ragazza al nonno e l’IRS è alle sue costole, uno strano avvenimento la porta a sbloccare la chiave per il Multiverso.  Una versione alternativa l’avverte di un pericolo imminente che minaccia di distruggere tutte le realtà. Da modesta proprietaria di una lavanderia a gettoni, Evelyn dovrà farsi carico delle sorti del Multiverso.

Un’inventiva incredibile

Riuscire a riassumere la trama di Everything, everywhere, all at once è piuttosto difficile: quella che sembra una storia fantascientifica, certamente piena di arzigogolate spiegazioni sul funzionamento del Multiverso, presenta strati narrativi interessantissimi. Il grande pregio della pellicola diretta dai Daniels è sicuramente l’inventiva messa in campo. I due registi, che hanno avuto modo di dimostrare di non avere tutte le rotelle a posto col loro esordio, Swiss army man, hanno deciso di raddoppiare la loro follia, premendo l’acceleratore sull’assurdo.

Come per il film con Daniel Radcliffe e Paul Dano, attraverso un racconto comico e surreale i due registi sono riusciti a raccontare una storia personalissima. L’arco narrativo di Evelyn, interpretata magistralmente da Michelle Yeoh, è la manifesta potenzialità del cinema e della sua narrativa, in grado di parlare a un pubblico ampio, presentando action, fantascienza e commedia, ma parlando al cuore di tutti gli spettatori.

Lasciatevi trasportare

Certamente tutti questi elementi rischiano di sopraffare parte del pubblico, considerando la quantità di cambi di tono, scene d’azione e spiegoni fantascientifici. Everything, everywhere, all at once va preso e assorbito senza porsi troppe domande, lasciandosi trasportare da questo film affascinante quanto folle.

Da un punto di vista puramente action le coreografie, sebbene non siano allo stesso livello, ricordano per inventiva quelle delle pellicole del periodo d’oro di Jackie Chan. L’utilizzo dell’ambiente circostante come arma sia offensiva che prettamente comica elevano tutte le scene di arti marziali o di lotta.

Il film dell’anno

Everything, everywhere, all at once è da considerarsi come il film dell’anno. Sebbene sia ingiusto il paragone col secondo capitolo di Doctor Strange di Sam Raimi, con cui condivide il concetto di Multiverso, va detto che la pellicola dei Daniels surclassa qualsiasi altro blockbuster uscito nell’ultimo periodo.

Con una colonna sonora notevole, interpretazioni magistrali, fra cui spiccano quelle di Ke Huy Quan (il bambino di Indiana Jones e il tempio maledetto e dei Goonies) e Jamie Lee Curtis, nel ruolo di una grigia burocrate con la panza dell’IRS, questa perla deve essere un must per chiunque ami il cinema in tutte le sue forme.