Che ci sia noto per la sua regia di film horror o per la parte splendidamente interpretata nella serie The office, il nome di John Krasinski è quello di uno straordinario disturbatore della pubblica quiete. Sapendolo ideatore, sceneggiatore, regista, produttore e attore, affiancato in questi ultimi due ruoli da quello scoppiato di Ryan Reynolds, ci si aspetta qualcosa di davvero diverso dalla visione di IF: gli amici immaginari.

A sostenere la tesi dell’epocale baraonda c’è poi la galassia di nomi che partecipano al cast, come voci prestate o interpretazioni in carne e ossa, con Steve Carell in grande spolvero, Fiona Shaw lontana anni luce sia dall’intollerabile zia Petunia che dalla sobillatrice di popoli Maarva Andor, e Carey Fleming che ruba la scena, facendo da trait d’union tra la realtà della New York più classica, con scorci di interni che da soli valgono il film, e la pletora di creature fantastiche che non temono confronti con nessuno degli habitué del disegno animato.

Si entra in sala pronti a sganasciarsi, magari senza costrutto di fronte a una versione per famiglie delle intramontabili gag del già citato The office, ma c’è tutt’altro in serbo per spettatori d’ogni fascia d’età e di sensibilità.

Rigorosamente senza spoiler, John Krasinski, Ryan Reynolds e compagnia bella partono dall’idea di un’agenzia di collocamento per amici immaginari, potenziale fonte di puro spasso, sviluppandola in modo completamente inaspettato, rivelando un lato inedito e raccontando a tutta la famiglia una storia delicata e profonda, in cui ogni dettaglio trova la sua precisa collocazione e a venire esaltati non sono i soliti, inflazionati buoni sentimenti.

Il messaggio centrale trapela con studiata lentezza scena dopo scena, ricordando anche ai cinici più inveterati che sognare non è esclusivo appannaggio dei bambini, ma un appiglio sicuro in ogni momento della vita, purché detto sogno ci rappresenti, sorgendo da noi e da nessun altro. La visione di IF: gli amici immaginari, insomma, è straconsigliata, con l’accortezza per i cinici di cui sopra d’entrare in sala non accompagnati e piazzarsi in ultima fila: è seriamente disdicevole farsi beccare in lacrime.