J.R.R. Tolkien: un tesoro inestimabile a portata di tutti
J.R.R. Tolkien
«Courage is found in unlikely places».
Il nostro tesoro
Ricordare Tolkien oggi equivale a ricordare Omero per gli antichi greci. Definirlo scrittore, poi, sarebbe riduttivo, perché le sue opere hanno creato un universo narrativo coerente e granitico. Non solo: dall’opera di Tolkien molti altri hanno preso spunto, al punto tale che possiamo definire lo scrittore il padre del Fantasy moderno. È difficile, quasi impossibile, non riconoscere elementi mutuati dalle sue opere in tutte quelle successive di altri autori impegnati nella descrizione di un qualche mondo fantastico: la sua impronta, infatti, è impressa profondamente nella cultura occidentale.
Lo Hobbit
Quando arriva alla pubblicazione, Tolkien è già un uomo maturo. Combatté la Prima Guerra Mondiale, esperienza che odierà e che tentò in tutti i modi di risparmiarsi; ha moglie, figli e un lavoro. Scrive Lo Hobbit come una storia da raccontare ai suoi bambini, ma per tutta la vita si nutre di poesie, miti e filologia, passioni che sfrutterà nei suoi scritti successivi, quando deciderà di dare alla luce un seguito degli eventi de Lo Hobbit nella stesura decennale de Il Signore degli Anelli.
Se ne Lo Hobbit il tono è quasi fiabesco e le influenze della mitologia celtica si fondono ai suoi ricordi d’infanzia, riecheggiati in una Contea spensierata, ne Il Signore degli Anelli, invece, i toni si fanno più adulti e l’influenza delle esperienze di guerra diventano predominanti.
L’epica de Il Signore degli Anelli
L’epica de Il Signore degli Anelli è la stessa dei grandi poemi, Beowulf fra tutti, ma l’intera opera può essere vista come una summa letteraria del pensiero di Tolkien. Ci sono gli eroi: Aragorn, Gandalf, Legolas e Gimli, guerrieri e filosofi allo stesso tempo. E poi c’è Frodo, che eroe non vorrebbe esserlo, ma che lo diventa suo malgrado, strappato dalla sua casa idilliaca e catapultato in un’impresa più grande di lui.
È la Prima Guerra Mondiale. Tolkien plasma i suoi ricordi e crea le terre di Mordor, tetre, oscure e bruciate dal fuoco come i campi di battaglia. Eco della sua personale e tragica esperienza, Il Signore degli Anelli non è dunque plasmato unicamente attorno alla figura di Frodo, bensì diventa veicolo di messaggi più profondi, manifesto delle sue idee, un’indicazione di cosa salvaguardare nel mondo e cosa invece condannare.
La guerra è ovviamente condannata, ancorché necessaria quando un tiranno vuole precipitare il mondo nel caos. Ma lo è pure l’eccessiva invasione dell’uomo meccanizzato negli scenari bucolici, che andrebbero viceversa rispettati e non violati come fa Saruman, in un eccesso malvagio d’industrializzazione. Il rispetto e l’amicizia reciproca dei popoli che dividono la stessa terra e che di essa sono custodi, tutti in egual misura, e le cui differenze culturali si addizionano in un totale superiore alla somma delle singole parti.
I Re filosofi
Tolkien era fermamente convinto che nessun uomo dovesse comandare su un altro e che, maggiormente, non dovesse farlo l’uomo che brama il potere sugli altri. I suoi Re sono filosofi saggi o nobili e si fanno carico del loro ruolo ben consapevoli delle responsabilità corrispondenti. Non si innalzano al di sopra degli altri, ma anzi combattono in prima fila e dividono il cibo coi sudditi; per chi, invece, nel potere ricerca solo la tirannia, non c’è altro destino se non una rovinosa caduta.
La filologia
Ancora, importantissima è la ricerca filologica di Tolkien: lo scrittore crea lingue coerenti, tanto da poter in molti casi ricostruire perfino l’etimologia di una parola in elfico o nanico. Ricordiamolo: la filologia fu una delle sue più grandi passioni, forse la maggiore in assoluto. Tolkien infatti era un accademico e la sua formazione traspare dalle opere sulla cui stesura impegnava molto tempo, al punto da lasciare incompiuti alcuni racconti.
Tolkien stava creando un universo narrativo immenso e riuscire a raccontarlo tutto era un’impresa titanica, che solo la morte poté fermare. Avesse continuato a vivere, Tolkien avrebbe proseguito a raccontare la Terra di Mezzo col suo stile verboso e magniloquente, adattissimo ai toni dell’epica classica e dei poemi celtici.
Il nostro tesoro
La sua opera è un’eredità che nessuno potrà più ampliare ulteriormente, ma di cui tutti possiamo godere, perdendoci nelle sue storie. Restano i suoi racconti, le profonde influenze culturali e l’ispirazione imperitura per tutte le generazioni future. Un tesoro a disposizione di tutti, non custodito da nessuna malvagia creatura, purché si abbia la capacità di capire cosa renda davvero un uomo ricco.