James Franco: l’attore che avrebbe voluto essere Spider-Man
James Franco
«I become kind of obsessive about research».
L’attore che avrebbe voluto essere Spider-Man
Non è così comune come si potrebbe pensare trovare attori partiti bene da giovani e subito diventati più pesanti di altri colleghi, se messi sul piatto della bilancia di una produzione cinematografica di un certo livello. Se Robert Pattinson era, prima di Twilight, un personaggio secondario nella serie di Harry Potter e solo dopo il primo capitolo della trilogia vampiresca ha visto salire le sue quotazioni, James Franco ha invece quasi da subito spiccato il volo.
Il primo incontro
Fattore ancor più degno di nota, ha poi iniziato un suo personale percorso artistico che, nel bene e nel male, potrebbe portarlo ancora più su nel prossimo futuro. Inutile ricordarlo, per molti di noi il primo incontro con James Franco risale al 2002, quando Sam Raimi porta su schermo quell’immensa dichiarazione d’amore per Spider-Man.
Spider-Man
Nella parte di Harry Osborn, l’attore di origini portoghesi, ma vissuto sempre in California, riesce subito a farsi apprezzare, tanto che il suo personaggio ha un giusto peso anche nel sequel e diventa quasi un co-protagonista nel terzo e meno solido capitolo della trilogia. James Franco, tra l’altro, s’era presentato al provino per interpretare Peter Parker e solo alla fine fu scelto il collega Tobey Maguire per quel ruolo.
Sono storie cui il cinema ci ha abituato, quelle nelle quali ci troviamo a pensare a un volto che sarebbe potuto essere diverso: Tom Selleck con Indiana Jones è una tra le più famose. Col senno di poi, però, dobbiamo essere concordi con le scelte fatte. Nel ruolo del rampollo ricco James Franco è perfetto, infatti.
Un po’ per quella sua faccia da schiaffi, per quel sorriso beffardo e seduttore, un po’ per quel suo modo di recitare un personaggio destinato alla tragedia man mano che la trama evolve.
James Dean
Parlando di sorriso beffardo, vale la pena ricordare come lo stesso James Franco dia il volto a uno degli attori che della strafottenza fece un vero e proprio mito. L’occasione è d’appena un anno precedente l’inizio delle avventure su grande schermo di Spider-Man. L’attore è chiamato a interpretare James Dean (2001). Il biopic, pur destinato al piccolo schermo, ha poco da invidiare alle produzioni più grandi e riscuote un successo enorme, sia tra il pubblico che tra la critica e frutta a James Franco un Golden Globe e varie nomination ad altri premi, incluso l’Emmy.
Narrano le leggende che per interpretare James Dean James Franco abbia iniziato a fumare, suonare la chitarra e ad andare in moto. Zelo e professionalità. Dopo Spider-Man, comunque, le occasioni non mancano. Non tutte lasciano il segno, come il modesto Tristano e Isotta (2006) o Annapolis (2006).
Flop e polemiche
Quest’ultimo, ambientato nel mondo della marina statunitense, non solo si rivelò un flop clamoroso, ma diede pure il via ad alcune polemiche per il modo nel quale presentò la vita militare. Anche successivamente ricordiamo il brutto e inutile Il grande e potente Oz (2013), prequel del più famoso libro, ancora con la regia di Sam Raimi. Però, a guardare bene, ci sono due o tre film che risultano, per quanto sottotono, decisamente piacevoli.
E film da recuperare
Uno, per esempio, è Giovani aquile (2006), film ambientato durante la Prima Guerra Mondiale, con protagonisti alcuni volontari americani che si addestrano per diventare piloti. Basato su fatti reali, è ottimo per passare un paio di ore con una pellicola dinamica e drammatica, le cui sbavature sono, tutto sommato, trascurabili. Anche in questo caso, James Franco coglie l’occasione per prendere un brevetto di pilota. Zelo e professionalità, di nuovo.
127 ore
Ancora, abbiamo 127 ore (2010), di Danny Boyle: pure questo film è tratto da una storia vera e racconta la disavventura di Aron Ralston, escursionista rimasto bloccato in montagna e costretto ad amputarsi il braccio per poter tornare a casa. In molti si sono rifiutati di vederlo, per via della crudezza dell’episodio narrato, ma permette a James Franco di sondare i molti aspetti e insidie della carriera di un attore, poiché per la maggior parte del tempo sullo schermo c’è solo lui.
Il pianeta delle scimmie
Non meno interessante è L’alba del pianeta delle scimmie (2011), primo capitolo del remake dello storico film, nel quale scopriamo che è stato proprio il personaggio interpretato da James Franco a originare la distruzione della specie umana. Pellicola estremamente piacevole, siamo contenti dei suoi sequel, davvero all’altezza.
I film da regista
Ma non ci sono soltanto vicende attraenti solo per noi nerd: ne esistono altrettante considerate urbi et orbi capolavori. Una è Milk (2008), di Gus Van Sant. Se pure James Franco non è il protagonista (uno strepitoso Sean Penn, va detto), la sua parte è egregiamente recitata e contribuisce non poco all’equilibro complessivo del film. Vi segnaliamo anche Third person, di Paul Haggis (2013) e la fugace e, oseremmo dire, bruciante apparizione in Alien: Covenant, di Ridley Scott. Poi ci sono anche televisione e documentari, perché James Franco è pure regista.
Ci sono istallazioni d’arte e opere concettuali, poiché l’uomo, ancor più dell’attore, è alla ricerca di qualcosa di diverso dal solito e d’ispirazione sembra averne davvero tanta. Forse, fra qualche anno potremmo trovarci di fronte a un regista capace di mescolare arte e tecnica cinematografica come pochi altri riuscirebbero a fare.
Uno sguardo d’autore
Nel frattempo, potete recuperarne da dietro la macchina da presa: se, con In dubious battle (2016), film tratto da uno dei romanzi più politici di John Steinbeck, l’esito è stato poco brillante, con The disaster artist (2017) James Franco ha ottenuto consensi unanimi e una candidatura agli Oscar, grazie a una pellicola dedicata a quel cult trash di The room.