Meraviglia

«Le cose più belle della vita o sono immorali, o sono illegali, oppure fanno ingrassare», diceva George Bernard Shaw. Oppure sono zeppe di bestie preistoriche che, rispettando fedelmente ogni enunciato della teoria del caos, sbranano qualsiasi fantasioso tentativo di controllo e relativi controllori, ricollocandosi con violenza in cima alla catena alimentare globale.

Un’attrazione senza rivali

D’altro canto, non nutriamo grossi dubbi: nonostante il rischio d’avere gli arti strappati, il femore fratturato coi monconi esposti o addirittura di fare la fine della capretta o dell’avvocato divorato mentre è seduto al cesso, non ci sarebbero montagne russe, scivoli acquatici o pistoleri robot a reggere il confronto con un parco a tema popolato da dinosauri veri, vivi e del tutto incuranti della dieta proposta dagli organizzatori.

Un nuovo parco che sfugge al controllo

Tutto è più interessante coi dinosauri. Lo sapeva il compianto Michael Crichton che, pur avendo già trattato vent’anni prima il tema del parco di divertimenti che sfugge al controllo nel Westworld  con Yul Brynner, torna a bomba sull’argomento nel 1993 con Jurassic Park.

Anche meglio lo sapeva Steven Spielberg, che acquistò i diritti del romanzo ancor prima che fosse pubblicato e che, arruolati lo stesso Crichton, il fido John Williams e i primi esperti di computer grafica, porta sullo schermo un Blockbuster Rex pieno di record, padre di una saga arrivata (zoppicando un po’) fino al 2022, ma anche capostipite dei filmoni in cui è la CGI a fare da padrona.

Il cast

Perfetto nella sua imperfezione, Jurassic Park ha tutte le carte in regola, confermate dai numeri al botteghino, per essere una pietra miliare del cinema. S’avvale di un cast privo di veri e propri divi, se non contiamo sir Richard Attenborough, Jeff Goldblum e Samuel L. Jackson prima di Die hard che, tra l’altro, non spiccano per interpretazioni indimenticabili, sebbene Wayne Knight nel ruolo dell’informatico molesto non sia affatto male.

Dinosauri con licenza poetica

Anche i dinosauri, a ben guardare, sono in buona parte difformi dalla realtà, un po’ per licenza poetica, come per la velocità in corsa del T-Rex o il collare e la saliva velenosa del Dilophosaurus, un po’ proprio per le conoscenze, ora smentite, in ambito paleontologico.

Ma la storia di Crichton (seppur rimaneggiata), l’impatto visivo straordinario, i ritmi e la tensione degni del miglior Spielberg e la conseguente catasta di morti contribuiscono alla nascita di un film che portava innovazione e al tempo stesso era già un classico.

E infatti Jurassic Park sembra fregarsene degli anni che passano, come del resto i suoi abitanti se ne sbattevano della carenza di lisina o di nascere tutti femmina. Nonostante i progressi informatici, paleontologici e cinematografici, la stessa espressione di meraviglia che dipinse il mio volto nel 1993, guardando il film al cinema proprio negli USA, è apparsa identica sul volto del mio erede, sul divano, qualche giorno fa. Tanto basta per essere un cult.