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L’ultima volta che siamo stati bambini è il film d’esordio alla regia di Claudio Bisio e si colloca tra il romanzo di formazione, il genere storico e il road movie, raccontando una fase tragica del triste epilogo dell’occupazione nazista in Italia: il rastrellamento del ghetto di Roma del 16 Ottobre 1943.

Una missione

Tre bambini romani, Italo, Cosimo e Vanda, partono in segreto per convincere i tedeschi a liberare il loro amico Riccardo, portato via dal ghetto insieme ad altri 1.000 ebrei. La scomparsa dei tra amici porta due adulti a mettersi in viaggio: il fratello di Italo, Vittorio è un eroe di guerra fascista; suor Agnese è invece la tutrice di Vanda e vive in un orfanotrofio. Questo viaggio di due generazioni porterà al cambiamento tutti i protagonisti, toccando le loro coscienze verso un finale che, purtroppo, è la storia che tutti conosciamo.

L’ultima volta che siamo stati bambini è tratto dal romanzo omonimo di Fabio Bartolomei, che ha colpito talmente in profondità Claudio Bisio da spingerlo a un cambiamento di ruolo, da attore a regista. L’obiettivo del suo film, come egli stesso ha affermato nel corso della conferenza stampa, è narrare l’orrore della persecuzione nazista, del fascismo e della guerra attraverso l’ingenuità e la leggerezza tipica dei bambini, che reca in sé un importante messaggio di speranza.

Il film segue, così, una doppio plot: il viaggio dei bambini da una lato e quello di due adulti dalle visioni diametralmente opposte su ogni aspetto della vita dall’altro.  L’ultima volta che siamo stati bambini è un film che veste di leggerezza un momento della storia umana tragico e orribile. In essa, tuttavia, risiede la vera potenza del suo messaggio: dare un profondo contributo alla memoria e sensibilizzare le nuove generazioni a non ricadere negli errori del passato.