«La fine del nostro viaggio»

Dopo un’estenuante attesa e un’enorme mole di considerazioni e congetture riguardo al destino che avrebbe interessato i protagonisti già iconici della serie TV fra le più controverse e dibattute degli ultimi anni, La Casa di Carta torna finalmente su Netflix. Si tratta della prima parte della sua quinta e conclusiva stagione e immediatamente il web si scatena, perché La Casa di Carta o si ama, o si odia.

Dov’eravamo rimasti

La feroce perdita dell’amata Nairobi aveva sconvolto e reso orfani milioni di spettatori. Fra i personaggi più amati, intensi e sensibili, la puta ama, insieme a Berlino, col quale s’era contesa il podio dei big della serie, aveva lasciato un vuoto incolmabile e la conseguente impressione che niente, ormai, si sarebbe potuto più scrivere per dare carattere e hype alla saga. E forse, non si era poi tanto lontani dall’avere disgraziatamente ragione.

Poca fantasia

I primi 5 episodi, cui ne seguiranno altrettanti il prossimo 3 Dicembre, ci catapultano di nuovo nella Banca di Spagna, dove la banda, provata dalla morte di Nairobi, è ormai anche orfana del Professore, prigioniero della spietata e «incintissima» Alicia Sierra. Senza spoilerare, ci azzardiamo ad annunciare solamente che qui il lavoro degli sceneggiatori non è riuscito a superare la fantasia dei fan e, in effetti, quanto ci si aspettava è accaduto…

Scontata e terribilmente forzata nei dialoghi e nella trama, la prima parte de La Casa di Carta 5 presenta situazioni assurde e surreali, costellata da colpi di scena imbarazzanti, se non ridicoli e bizzarramente strampalati, per uno spettacolo dove l’irrazionalità regna incontrastata. Sfidiamo qualsiasi impiegato di banca a diventare nel giro di pochi secondi esperto di armi d’assalto, dal montaggio, al caricamento, all’imbraccio e alla sparatoria.

Tutto su Tokyo…

Tokyo è la grande protagonista: sono i flashback della sua vita prima del colpo a intervallare gli eventi dentro e fuori la banca. È lei l’ariete del gruppo, in effetti, e la più indomita: se le prime due puntate di questa quinta stagione non vi convinceranno ad abbandonare la visione, scoprirete come, anche qui, non ci sia stato un gran lavoro di fantasia.

… e su Berlino

Fra le rievocazioni del passato dei protagonisti, c’è anche quella di Berlino: morto da tempo, ma sempre presente, sottolinea quanto la scelta di lasciarlo trapassare si sia rivelata un flop. Così, entra anche in gioco il di lui figlio Rafael, coinvolto dal padre, anni addietro, in un’efferata rapina. La prima parte de La Casa di Carta 5 non spiega il senso della storia e ancora una volta le congetture plausibili lasciano intendere a un ruolo di primo piano del personaggio nella prossima stagione: vogliamo vedere che sarà proprio lui, ingegnere impacciato, così diverso dal caro genitore, a salvare la banda?

Abbandonate le emozioni delle prime due stagioni, dunque, così come i momenti d’allegra convivialità, l’amore e i sentimenti fra i protagonisti. Cancellate le brillanti pianificazioni del piano e accantonate l’aurea populista, il «bella ciao» da brividi e le maschere, che da sole parlavano di rivoluzione. Preparatevi, invece, alla saga del ridicolo.

Auspicando un’inaspettata ripresa della seconda parte, consapevoli che, nonostante tutto, chi ha amato La Casa di Carta non riuscirà facilmente a resistere alla curiosità di conoscerne l’epilogo, vi consigliamo nel dubbio di prepararvi a una delusione simile ad altri esempi del passato, come Lost. Anche in questo caso, sembrerebbe proprio che il brainstorming esasperato degli sceneggiatori abbia condotto a un cul de sac.