La città incantata: non dimenticate il vostro nome
La città incantata
«Abbi cura del tuo nome».
Titolo originale | 千と千尋の神隠し |
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Lingua originale | giapponese |
Paese | Giappone |
Data d’uscita | 20 Luglio 2001 |
Durata | 125 minuti |
Genere | Anime Fantastico |
Regia | Hayao Miyazaki |
Character design | Yōji Takeshige |
Musiche | Joe Hisaishi |
Produzione | Studio Ghibli |
Uscita italiana | 18 Aprile 2003 |
Non dimenticate il vostro nome
«Papà, forse ci siamo persi…» Comincia con queste parole, pronunciate dalla piccola Chichiro, il più grande capolavoro d’animazione mondiale firmato dallo Studio Ghibli, attraverso l’abile mano del maestro Hayao Miyazaki: La città incantata, Sen to Chihiro no kamikakushi in originale, letteralmente La sparizione causata dai kami di Sen e Chihiro. Il film, liberamente ispirato al romanzo fantastico Il meraviglioso paese oltre la nebbia, della scrittrice Sachiko Kashiwaba, vinse l’Orso d’Oro al Festival di Berlino nel 2002 e fu successivamente consacrato come masterpiece dal premio Oscar come Miglior Film d’Animazione nell’edizione del 2003, stesso anno d’uscita nelle sale italiane.
I simboli e i significati
Nonostante la trama sia ormai nota a molti, non tutti conoscono i simboli e i significati celati dietro i personaggi, che parlano direttamente alla sensibilità e all’animo dei bambini. Vorrei perciò ripercorrere la vicenda della piccola Chichiro e svelarne alcuni segreti, proprio attraverso le parole del grande Maestro, sperando di coinvolgervi nelle sue riflessioni e d’invogliarvi a questo viaggio fantastico, fin dentro il cuore di questa città magica, che risiede, sono convinta, da qualche parte in ognuno di noi.
Una strada da percorrere
«Credo che le storie abbiano un ruolo importante da giocare nella formazione degli esseri umani, che possano stimolare, stupire e ispirare quanti le ascoltino. […] Credo che la fantasia, intesa come immaginazione, sia molto importante. Non dovremmo restare troppo ancorati alla realtà di tutti i giorni, ma lasciare spazio a quella del cuore, della mente e dell’immaginazione. Possono aiutarci nella vita». Con queste parole, pronunciate a Parigi nel 2001 in occasione della prima proiezione de La città incantata in territorio europeo, Hayao Miyazaki ci indicava la strada da percorrere.
L’idea del film fu concepita durante le vacanze che il Maestro trascorreva in montagna, in compagnia della sua famiglia e di alcune bambine, figlie di amici. Fu spinto dal desiderio di realizzare una pellicola rivolta alle bambine di dieci anni, con protagonista un’eroina che loro potessero ammirare, «[…] alla quale potessero pensare e fare riferimento, quando immaginano il loro futuro e i loro rapporti con la società. […] Non è una storia in cui i personaggi crescono, ma dove attingono a qualcosa già presente in essi, tirato fuori dalle particolari circostanze. Voglio che le mie giovani amiche vivano in questo modo e credo che abbiano questo desiderio».
Chichiro
E proprio 10 anni ha la protagonista de La città incantata, Chichiro quando, per sbaglio, durante il trasloco in una nuova città, il papà si perde imboccando con l’automobile un sentiero senza uscita, alla fine del quale si trova un misterioso passaggio. Gli adulti, incuriositi, decidono d’entrare per vedere cosa ci sia dall’altra parte del tunnel, mentre la bambina vorrebbe tornare indietro. Seguendoli a malincuore, arriva a una radura e, più in là, sembra esserci un parco giochi abbandonato. Addentrandosi e superando un fiume in secca, l’intera famiglia si ritrova in una strana città, pullulante di ristoranti.
Un peccato di gola
Sembra che Hayao Miyazaki si sia ispirato ai vicoli della periferia di Juifen, a Taiwan, per ricostruire le strade strette e irte, i vicoli e gli scalini della città degli spettri. Attirati dalle delizie culinarie esposte sui banconi dei locali, i genitori decidono di fermarsi a mangiare, sebbene i proprietari non siano presenti e Chichiro sia contraria, scappando via.
Molti si chiesero perché al suo ritorno la ragazza trovi i genitori trasformati in maiali: lo Studio Ghibli, tramite Twitter, rispose che si trattava di una metafora sull’avidità che aveva investito il Giappone durante la recessione degli anni ’80. Metafora, aggiungo, riconducibile a un atteggiamento diffuso anche in tutto l’Occidente. Calata la notte e coi genitori trasfigurati, Chichiro si ritrova sola, mentre la città intorno a sé s’anima di strane creature, di ombre senza volto e spiriti.
Kami e rei
«In Giappone, da migliaia di anni, crediamo che i Kami (vale a dire gli Dei) e i Rei (gli spiriti) siano ovunque: nei fiumi, in ogni singolo albero, in ogni casa e cucina. Quando ho concepito La città incantata, dovevo visualizzarli tutti. In generale, le raffigurazioni che vedrete nel film sono frutto della mia immaginazione, ma alcune sono tratte dal folklore giapponese», spiegò Hayao Miyazaki in un’intervista per il sito dello Studio Ghibli Italia.
Haku
Intrappolata in questo luogo misterioso, Chichiro è aiutata e soccorsa da Haku, un ragazzo suo coetaneo che le suggerisce di non dimenticare mai il suo nome: «Se ti rubano il nome, non riconoscerai più la strada di casa. Io il mio non lo so più, però, che strano, il tuo lo ricordavo».
Da queste parole intuiamo subito che i due ragazzi siano legati da qualcosa che li accomuna. Haku la indirizza dallo Yokai Kamaji, incoraggiandola a chiedergli un lavoro, anche insistentemente: solo così potrà stipulare un contratto con la terribile strega Yubaba, per non sparire e sperare di riuscire, un giorno, a salvare i suoi genitori.
Comincia così il processo di crescita e maturazione di Chichiro la quale, completamente sola, dovrà imparare a contare solo sulle proprie forze. Durante questa avventura, grazie al lavoro ottenuto nello stabilimento termale della terribile Yubaba, conoscerà molte creature e altrettanti amici, grazie alla determinazione e alla gentilezza dei suoi modi.
La forza della gentilezza
È con la gentilezza, infatti, che la bambina conquista ogni creatura incontrata: dallo Spirito del Fiume, bisognoso d’essere salvato dalla spazzatura che lo soffoca (e qui torna prepotentemente il messaggio ambientalista di cui da sempre lo Studio Ghibli si fa portatore), fino al solitario Senza Volto, il quale indossa una maschera che ricorda quella del teatro Nō. «Mi piaceva molto l’idea di questa divinità vagabonda, priva di qualsiasi riferimento con la tradizione giapponese. Infatti, Kaonashi rappresenta il Giappone contemporaneo: molti sono convinti che i soldi bastino ad assicurarsi la felicità. Ma Kaonashi riesce davvero a rendere felici gli altri, regalando l’oro?», continua Hayao Miyazaki nella stessa intervista.
Quando, dopo tante peripezie, Chichiro lascia il mondo degli spiriti, aiutata anche dalla temibile e potentissima maga Zeniba, gemella di Yubaba, il suo percorso di crescita è compiuto. Lo stesso Hayao Miyazaki ha affermato in più occasioni che le due scene più significative dell’intera narrazione sono la prima, nel retro della macchina, in cui Chihiro è stanca, annoiata e «vulnerabile», e l’ultima, dove invece «è piena di vita e ha appena affrontato il mondo intero: queste sono due immagini di Chichiro che mostrano lo sviluppo del suo carattere».
Dall’infanzia all’età adulta
Per questo l’esperienza nel mondo degli spiriti rappresenta metaforicamente il passaggio dall’infanzia all’età adulta, la sua crescita interiore. Ma il messaggio più intenso de La città incantata arriva dall’importanza dei nomi dei personaggi che, se dimenticati, li mettono in balìa degli approfittatori. Restare fedeli alla propria identità, ricordarsi sempre delle proprie radici e delle proprie tradizioni per non soccombere sono i temi fondamentali.
Una questione d’identità
Haku è la prova delle conseguenze possibili: dimenticando la propria identità e scordando il suo nome, è purtroppo costretto a essere schiavo di Yubaba, senza possibilità di sottrarsi al suo volere. È grazie a Chichiro se, infine, riuscirà a ricordarlo e a liberarsi. «Quando ero piccola sono caduta in un fiume. Ora mi sono ricordata: il nome di quel fiume era Kohaku». E Kohaku è prioprio il nome di Haku, spirito del fiume che l’aveva salvata.
Da ultimo, vorrei soffermarmi sul tema dell’amore. Sin dall’inizio, Haku sente di conoscere Chichiro, della quale ricorda il nome, mentre ha dimenticato irrimediabilmente il suo. Il percorso che lega Chichiro a Haku è di una dolcezza disarmante e il sentimento puro che li avvicina cresce e s’intensifica man mano che i due si conoscono e riconoscono: «Nelle tenebre, Chichiro mi ha chiamato infinite volte. Mi dibattevo, confidando in quella voce», dice Haku, quando si riprende.
La forza dell’amore
«Che bello, è la forza dell’amore!», commenta Kamaji. L’amore e l’amicizia, separati da una linea sottile in tutti i film di Miyazaki, racchiudono un messaggio di salvezza: «Cosa sta succedendo qui?», chiede Lin, la giovane donna che aiuta Chichiro sin dall’inizio. «Qualcosa che non riconosceresti facilmente: è l’amore!», risponde Kamaji.
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Titolo originale | 千と千尋の神隠し |
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Lingua originale | giapponese |
Paese | Giappone |
Data d’uscita | 20 Luglio 2001 |
Durata | 125 minuti |
Genere | Anime Fantastico |
Regia | Hayao Miyazaki |
Character design | Yōji Takeshige |
Musiche | Joe Hisaishi |
Produzione | Studio Ghibli |
Uscita italiana | 18 Aprile 2003 |