Magnus: i mari di china di un nostromo della fantasia
Magnus
«Disegnare i fumetti e scriverli non è difficile, purché si scriva con squadra e compasso e si disegni col vocabolario».
I mari di china di un nostromo della fantasia
«Ognuno ha le deviazioni sue», diceva Frieda Boher. Può la battuta di un personaggio riassumere in un colpo solo la filosofia del lavoro di un artista? Nel caso di Magnus probabilmente sì. Tra i più famosi e abili autori del fumetto italiano, Roberto Raviola è oggi ricordato con nostalgia e rispetto, ma il suo valore non è sempre stato riconosciuto dalla critica.
Alle prese con un Paese bigotto
Ci sono voluti alcuni anni per far decantare i suoi lavori nell’immaginario di una nazione bigotta, aggrappata al buco della serratura e alle sottane della chiesa, per arrivare a considerare il lavoro di Magnus come quello di un campione. Nato a Bologna nel 1939, Roberto Raviola si diploma scenografo all’Accademia delle Belle Arti ma, già durante gli esami, inizia ad appassionarsi al fumetto e così, nel 1964, tre anni dopo la fine degli studi, è scelto come disegnatore da Luciano Secchi, meglio conosciuto come Max Bunker. Il boom di Diabolik di quegli anni ha infatti sdoganato un vero e proprio genere, il noir a fumetti, che s’incastra alla perfezione tra le vene dei due autori.
I primi fumetti
La vision di Max Bunker, unita alle chine di Magnus, porta alla nascita di Kriminal prima e Satanik poi, per passare ad alcuni altri fumetti minori, come il divertente feudalesimo di Maxmagnus. L’incoraggiante successo li porta a mettere a fuoco l’orizzonte degli eventi, che prende forma in Alan Ford, il più grande successo del sodalizio, anche grazie all’inserimento di un sottofondo ironico e grottesco, fino a quel momento poco esplorato nel panorama fumettistico italiano. È un grande successo e dura fino al 1975, quando Magnus si separa professionalmente dal suo sceneggiatore ombra.
A quel punto, Magnus intraprende la strada dell’erotico nero, dando vita a storie tetre, morbose e divertenti in cui, oltre alla strepitosa bravura nel disegno del corpo umano, inizia a esplorare nuove atmosfere di genere, avviando contemporaneamente numerosi, differenti lavori. In quegli anni, infatti, inizia la saga di Unknow, Lo sconosciuto, il mercenario dal passato misterioso, con cui il lettore viaggia dalla Cuba di Che Guevara a Mont Saint-Michel, schivando proiettili dal Libano a Roma, dando vita a un antieroe affascinante e disperato, ancora oggi unico nel pantheon del fumetto nazionale.
Dal soprannaturale all’erotico
Negli stessi anni pubblica La compagnia della forca, un fantasy medioevale ironico e appassionante, in cui narra le vicende di uno scalcinatissimo gruppo di soldati di ventura che, dopo un lunghissimo viaggio dall’Islanda al Medio Oriente, tra trulli, piramidi, vulcani e djinn orientali, dovrà battersi contro terribili forze occulte. Magnus non sbaglia un colpo ma, invece di proseguire sulla strada appena spianata, cerca sempre qualcosa di diverso.
Così, negli anni ’80 si rituffa a capofitto nell’erotico nero con Necron, la serie da cui è colta la citazione iniziale, in cui leggiamo le avventure di Frieda Boher, scienziata geniale, spietata e necrofila che, per la sua soddisfazione esclusiva, dà vita a un moderno Frankenstein non proprio intelligente, ma dalla virilità leggendaria.
I problemi con la critica
Queste tavole, ben più esplicite delle serie precedenti, disorientano la critica che, per miopia, classifica il tutto come porno, ignorando elementi come fantascienza, splatter, horror e ironico, ridimensionando erroneamente il livello altissimo già raggiunto dall’autore. Senza alcun complesso, Magnus prosegue la sua ricerca, lasciandosi ammaliare dal richiamo orientale che, con Milady nel 3000, con Le 110 pillole e soprattutto con I briganti, lo vede raggiungere livelli di precisione artistica riconosciuti solo ai più celebri autori italiani come Pratt, Manara, Toppi o Battaglia.
In queste vicende l’erotico resta elemento cardine dello sviluppo narrativo ma, di fondo, è il richiamo sensuale di culture diverse ad attrarre la curiosità speculativa dell’autore, sempre in cerca, sempre più bravo e mai pago di migliorarsi. Prospettive ipnotiche, palazzi, ruvide scalinate, foreste impenetrabili e cosce tornite fanno breccia nel pubblico straniero, che gli riconosce, prima che in patria, l’assoluto livello artistico.
L’approdo a Tex
Livello che lo porta a lavorare sempre più lentamente, ma che dà vita a opere come Le femmine incantate, in cui ogni vignetta è curata come una tavola intera. Con questo spirito inizia la sua ultima impresa, la realizzazione de La valle del terrore, albo gigante della collana Tex che lo impegnerà per ben sette anni, durante i quali la sua maniacalità lo porterà a studiare il mondo western con l’attenzione necessaria a restituire un lavoro maestoso, straordinario e impressionante.
Roberto Raviola ci lascia nel 1996 per un male incurabile, cui resiste fino al completamento del Texone. Spremuto dalla fatica, appena consegnate le tavole, infatti, Magnus ci abbandona per sempre. Spesso ospite come comparsa nei suoi stessi lavori, ben riconoscibile come il personaggio col nasone, Magnus è oggi considerato universalmente tra i giganti assoluti del fumetto mondiale, inconfondibile nei suoi chiaroscuri, infallibile campione del grottesco ironico e della sessualità più sfrenata. Irraggiungibile, Magnus vive nelle sue opere e nelle espressioni dei suoi personaggi di cui, oltre alle parole in apertura, vale la pena citare le più usate da chi scrive per liquidare sfrontati e provocatori nello stile di Yang Chich, la fiera dal volto livido: «Brigante, tu tiri i baffi alla tigre!».