Mr. T: come nasce il gigante buono simbolo degli anni ’80
Mr. T
«I’m tough when I have to be, tender when I should be».
Tough, not boy
Dici Mr. T e sei di nuovo negli anni ’80. Non importa quando siate nati, perché la figura di quest’attore, col suo caratteristico taglio di capelli da mohicano, sicuramente la riconoscerete ovunque vi capiterà di vederla. Mr. T, al secolo Lawrence Tureaud, è cresciuto in una numerosa famiglia dell’Illinois e, sebbene sembri incredibile, non ha sempre avuto l’aspetto che conosciamo: esso, infatti, nasconde molto di più di un semplice look eccentrico e credo sia proprio il caso di parlarne.
Nomen omen
Partiamo subito dal nome. Il giovane Lawrence cambia il suo nome la prima volta, accorciandolo di Lawrence Tero; poi nel 1970 lo cambia ancora in T. C’è un motivo ben preciso. Mr. T s’era accorto che tutti si rivolgevano agli uomini di colore chiamandoli «boy» e interpreta la circostanza come una mancanza di rispetto. «Pensavo a mio padre che era chiamato “ragazzo”, a mio zio che era chiamato “ragazzo”, a mio fratello di ritorno dal Vietnam che era chiamato “ragazzo”. Allora mi sono chiesto: “Cosa deve fare un nero prima di poter avere il rispetto che si deve a un uomo?”».
Una questione di rispetto
«Così, non appena feci 18 anni, quand’ero grande abbastanza da combattere e morire per il mio Paese, grande abbastanza per bere e per votare, allora mi sono detto che ero grande abbastanza per essere chiamato “uomo” e mi sono nominato Mr. T, in modo che la prima parola a uscire dalla bocca di chiunque fosse “mister”».
Tutto l’oro del mondo
Altro tratto distintivo dell’immagine di Mr. T sono sicuramente le numerose catenine d’oro che l’attore amava portare attorno al collo, come anche i bracciali e gli anelli e perfino i vistosi orecchini. Anche questi hanno una storia, ovviamente. Alla fine degli anni ’70, Mr. T dovette abbandonare la carriera nel football a causa di un infortunio al ginocchio. Inizia così a fare il buttafuori per un locale.
Le risse e i clienti scalmanati non mancavano di certo e poteva capitare che qualcuno perdesse qualche gioiello a seguito di qualche ceffone. Allora, Mr. T lo indossava bene in vista, in maniera che il cliente, anche se buttato fuori dal locale, potesse reclamarlo direttamente a lui. Questa consuetudine divenne presto un tratto distintivo del personaggio che Mr. T andava via via creando.
L’ultimo dei mohicani
L’ultimo tratto distintivo di Mr. T è sicuramente la sua cresta: anche in questo caso non si tratta di un semplice vezzo. Leggenda narra che l’attore stesse leggendo un numero del National Geographic quando s’imbatte nell’immagine di un guerriero mandinka, un gruppo etnico dell’Ovest dell’Africa, il quale aveva il taglio di capelli caratteristico.
Clubber Lang
Mr. T lo trova potente come affermazione delle proprie origini e decide d’adottarlo. Scelta più che azzeccata, perché lo distingue da chiunque altro e gli dona anche un aspetto ancora più minaccioso. Sarà la sua fortuna.
Sarà infatti notato da Sylvester Stallone, che lo vorrà come antagonista per Rocky 3, nei panni di Clubber Lang, colui che riporterà sulla terra, o meglio a tappeto, uno Stallone Italiano tronfio di vittorie e denaro. Il film vedrà anche la nascita del suo tormentone «mi fa pena…».
Appena un anno dopo sarà B.E. Baracus nella fortunatissima serie A-Team, in cui interpreta il geloso proprietario del GMC Vandura, un energumeno però terrorizzato di volare e al centro di numerosi siparietti comici per uno dei telefilm più amati di sempre.
B.E. Baracus
Impossibili da dimenticare sono infatti i trucchi usati dai suoi amici per sedarlo prima di un volo, così come i battibecchi con Murdock, il pilota un po’ matto del gruppo. Al centro di scazzottate e lanci in aria di avversari, il suo personaggio è però anche il cuore dell’A-Team. con particolare attenzione per i più deboli e i bambini. Mr. T sarà una presenza costante su piccolo schermo, ma senza la capacità di ripetere i primi successi, come avvenuto nella sfortunata T and T.
Gigante buono, i bambini non si faranno ingannare dal suo aspetto e inizieranno subito ad adorarlo, tanto che finirà sulle scatole dei cereali e in un cartone animato della domenica, Mister T, nel quale è mostrato come allenatore di una squadra di ginnasti teenager.
L’affetto dei fan s’è rafforzato quando è trapelata, nel 1995, la notizia che fosse stato colpito da un cancro, il linfoma T-cell nemmeno a farlo a posta, malattia che l’ha costretto a un allontanamento temporaneo dai riflettori, ma che l’attore è riuscito a combattere e sconfiggere. Mi fa pena il cancro! Classe 1952, anche se l’età avanza la tempra morale dell’uomo non sembra vacillare: ne sono felice, perché Mr. T merita tutto l’affetto che gli è tributato.