Pelé | Raccontare il Brasile con il calcio | Recensione
Il voto di Nerdface:
4.0 out of 5.0 stars
Titolo originale | Pelé |
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Lingua originale | inglese |
Paese | USA |
Anno | 2016 |
Durata | 107 minuti |
Uscita | 26 Maggio 2016 |
Genere | Biopic |
Regia | Jeff Zimbalist Michael Zimbalist |
Sceneggiatura | Jeff Zimbalist Michael Zimbalist |
Fotografia | Matthew Libatique |
Musiche | A.R. Rahman |
Produzione | Imagine Entertainment Seine Pictures Zohar International |
Distribuzione | M2 Pictures |
Cast | Kevin de Paula Leonardo Lima Carvalho Diego Boneta Vincent D’Onofrio Rodrigo Santoro Milton Gonçalves |
Il voto di Nerdface:
4.0 out of 5.0 stars
«Noi siamo chi siamo»
Cosa spinge i brasiliani a vivere il calcio in un modo così totale, al punto d’andare molto al di là del tifo o della passione? Pelé, biopic sul calciatore più forte di tutti i tempi (non ce ne vogliano i fan di Maradona), offre una risposta a questa domanda. Il film, infatti, è certamente un racconto dell’infanzia del campione brasiliano e segue le sue gesta fino al suo esordio, solamente diciassettenne, nella Nazionale maggiore e in occasione dei Mondiali del 1958. Ma la pellicola si spinge oltre e getta un faro su un Paese intero, raccontandolo attraverso il pallone. Questo è, certamente, il punto di forza della pellicola.
La favela brasiliana
Siamo nel 1950: Pelé è un bambino povero, vive nella favela brasiliana e gioca coi suoi amici per le strade fangose, con un pallone di stoffa. Sono un piccolo dream team e le loro acrobazie si concretizzano evitando i banchi dei mercati improvvisati, i tavoli con gli anziani e tutte le persone intente nelle loro faccende quotidiane. È il giorno della finale del Campionato del Mondo: il Brasile affronta l’Uruguay da Paese ospitante e sta per andare incontro a un trauma collettivo senza precedenti.
Un trauma collettivo
Per la prima volta nella storia, infatti, la squadra di casa perde e vede sfumare la prima Coppa da mostrare nella propria bacheca. Pelé ascolta di nascosto la radiocronaca della partita, steso sul tetto di una catapecchia all’interno della quale c’è anche suo padre, un ex calciatore costretto al ritiro a causa di un infortunio molto serio alle ginocchia. Le lacrime di quest’ultimo spingeranno il bambino a fare un promessa: «Giocherò nel Brasile e vincerò il Mondiale». La sconfitta, per giunta subita contro un’altra squadra sudamericana in una sorta di derby, è talmente cocente da spingere diversi brasiliani al suicidio e a precipitare un intero Paese in uno sconforto tale da mettere in discussione la sua stessa identità.
In termini calcistici, si trattò d’abbandonare uno stile di gioco peculiare dei Verde-Oro: la Ginga. Dribbling, palleggi aerei e finte ubriacanti ne erano fondamenta imprescindibili, unite a uno spirito giocoso e divertito, ma fu opinione comune di ritenerle ormai caratteristiche di un calcio primitivo, superato e poco civilizzato.
Il Santos
L’occasione responsabile di portare Pelé nelle giovanili del Santos, per poi catapultarlo in prima squadra e infine in Nazionale, è talmente poetica da far impallidire ogni vicenda possiate aver visto in una qualsiasi puntata di Holly & Benji. Il percorso del ragazzo si snoderà tra drammi umani, amicizie, scontri familiari (in modo particolare con la madre) e allenamenti clandestini a base di manghi col padre, quando entrambi si troveranno a lavorare nella pulizia dei bagni di una clinica. C’è una vicenda specifica, però, a chiarire più di ogni altra l’entità della crisi del Brasile.
L’incontro con José Altafini
Sin dai tornei fatti per le strade da bambino e fino all’arrivo nella Nazionale maggiore, Pelé incontrerà sulla sua strada José Altafini. Figlio di buona famiglia, proprio presso la quale la madre del primo lavorava come donna delle pulizie, il campione brasiliano era preso a modello quale esempio per i nuovi calciatori. Stile di gioco europeo e look ricercato andavano a fondersi col soprannome che egli stesso s’era dato: Mazzola, a tributare il calciatore italiano quale guida da seguire.
Il difficile rapporto con Feola
Non avrà vita facile il giovane Pelé, nonostante un talento cristallino, a trovare spazio nel Brasile chiamato a riscattarsi ai Mondiali del 1958. Nonostante il numero impressionante di gol messi a segno col Santos, avrà difficoltà enormi a convincere l’allenatore Feola, tra i più fermi e duri avversari della Ginga, a prenderlo in considerazione. L’occasione, quando si presenterà, cambierà il corso della storia del Calcio e darà il via alla leggenda di Pelé.
Pelé soffre di una certa ripetitività delle situazioni, ma si tratta di un difetto ampiamente trascurabile se messo a confronto con una storia incredibile come quella del calciatore che intende celebrare. Soprattutto per un elemento: la capacità della pellicola non solo di ricostruire in modo efficacissimo le partite nelle fasi di gioco e nelle acrobazie palla al piede, ma anche d’offrire una ricostruzione del clima di quegli anni.
Una finale inaspettata
Il Brasile, capace d’arrivare alla finale del Mondiale del 1958 a sorpresa, battendo le favorite URSS e Francia, soffriva di una crisi d’identità, certamente, ma allo stesso modo pativa il razzismo espresso dall’intero movimento calcistico, responsabile d’amplificare questo senso d’inferiorità e smarrimento. La conferenza stampa alla vigilia della finale contro la fortissima Svezia capitanata da Nils Liedholm, per giunta Paese ospitante, è un momento centrale per comprenderlo appieno.
Una squadra proletaria
Le dichiarazioni sprezzanti dell’allenatore, infatti, sono il pretesto per mettere in luce la particolarità della squadra brasiliana, la sua matrice povera e proletaria: nelle sue fila, infatti, giocava un’ala con una gamba più lunga dell’altra, un portiere senza un dito della mano e un calciatore con un pollice riattaccato dopo un incidente in fabbrica.
Eppure, furono parte della squadra che fece l’impresa di vincere il Mondiale, umiliando i favoriti per 5-2 e, soprattutto, facendolo ritrovando la propria identità di gioco e, attraverso di essa, di un popolo intero. Pelé emoziona e mette in luce ancora di più la distanza tra i protagonisti d’allora di un calcio che oggi fatichiamo a riconoscere come uno sport.
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Titolo originale | Pelé |
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Lingua originale | inglese |
Paese | USA |
Anno | 2016 |
Durata | 107 minuti |
Uscita | 26 Maggio 2016 |
Genere | Biopic |
Regia | Jeff Zimbalist Michael Zimbalist |
Sceneggiatura | Jeff Zimbalist Michael Zimbalist |
Fotografia | Matthew Libatique |
Musiche | A.R. Rahman |
Produzione | Imagine Entertainment Seine Pictures Zohar International |
Distribuzione | M2 Pictures |
Cast | Kevin de Paula Leonardo Lima Carvalho Diego Boneta Vincent D’Onofrio Rodrigo Santoro Milton Gonçalves |