«Questa non è la Guerra Fredda»

Una soleggiata spiaggia di Ibiza. Una promessa d’amore eterno, il tutto ripreso dal telefonino di lui, a suggellare la modernità dei tempi. Perché, come poi ci ricorderà uno dei personaggi, «questa non è la Guerra Fredda». La scena è ambientata oggi. Quell’oggi in cui ci illudiamo di poter semplicemente andare in vacanza. Ma è anche quell’oggi in cui siamo tutti obiettivi sensibili di un terrorismo internazionale, che mette ognuno di noi nel mirino del kalashnikov, del coltello, del furgone o delle auto lanciate a massima velocità sulle nostre strade.

Dai romanzi al film

Così inizia American Assassin, produzione di CBS Films, che nel 2008 acquista i diritti di tutti i romanzi di Vince Flynn, con protagonista Mitch Rapp. Il film, che ha incassato 36 milioni di dollari nelle prime settimane di programmazione negli USA, è stato un successo forse insperato, dato un cast non particolarmente noto al grande pubblico, fatta eccezione per Michael Keaton, qui nel ruolo dell’agente CIA Stan Hurley. La produzione, infatti, s’era spesa in tentativi d’ingaggiare, per il ruolo del protagonista, attori del calibro di Gerald Butler e Chris Hemsworth.

American Assassin sciorina 112 minuti in cui lo spettatore accompagna il protagonista nella sua ricerca personale di vendetta, incontrando sul suo cammino Vicedirettori CIA più interessati al giudizio del loro mentore che a verificare la sicurezza dei propri agenti in campo. In cui l’addestratore Hurley (un Michael Keaton più inespressivo del solito) abbandona la rigida applicazione dei suoi metodi, per correre alla ricerca di un cane sciolto, Ghost, il suo pupillo.

Ancora stereotipi

In cui parte della vicenda si svolge a Roma, descritta attraverso le case di Corviale, in cui appena entri non hai più campo e sono popolate da mafiosi che parlano in romanesco e napoletano (gli americani ci vedono ancora così).

Continui i cambi di registro. Si parte col dramma introspettivo del protagonista, per passare a un quasi scontato spy movie, in cui entriamo dentro le dinamiche di una CIA allo sbaraglio. Quella descritta in American Assassin tende a perdersi gli agenti in giro per il mondo, si rende conto solo dopo ore che un cellulare custodito e in analisi è stato rubato da un ragazzino di 25 anni, entrato nell’Agenzia quasi il giorno prima.

Un’occasione persa

Poi, improvvisamente, siamo in un action movie puro, con esplosioni a ogni angolo, corpo a corpo frequenti, scalate di grattacieli a mani nude, corse in macchina per stretti vicoli cittadini. Il risultato è il senso di un film che ha perso la sua occasione.

American Assassin a tratti risulta anche noioso, caratterizzato da dialoghi spesso banali, se non improbabili. Un film che ci lascia un barlume di speranza, col sorriso di Rapp, al chiudersi delle porte di un ascensore. O ci fa temere che, a breve, ne sentiremo nuovamente parlare.