«Sono tornato»

Dopo aver salvato la figlia e rovinato per sempre il Natale nella stagione precedente, il secondo appuntamento con Happy! fa un salto in avanti di alcuni mesi (più precisamente verso Pasqua), presentando un detective Sax nuovo di zecca, determinato a redimersi agli occhi della figlia e dell’ex moglie. O quantomeno a provarci.

Dev’essere infatti difficile riciclarsi come tassista nell’epoca di Uber, in particolar modo per un ex poliziotto con un passato recente da sicario della mala. Se si aggiunge anche il fatto d’essere l’unico a vedere (e a sentire) il pedante unicorno blu che dà il titolo alla serie, si fa presto a comprendere come il riadattarsi a una vita da civile, in una società come quella a Stelle & Strisce, dipinta come un gigantesco tritacarne, non debba proprio essere una passeggiata di salute.

In linea con la prima stagione

Fortunatamente per il Detective Sax e per gli spettatori, le cose cominciano ad andare a rotoli fin da (quasi) subito, riuscendo a far riemergere talenti naturali dell’alcolizzato ex blue boy: mutilare, schiacciare, massacrare. Occasionalmente, interrogare. Tratta dal graphic novel di Grant Morrison, la seconda stagione di Happy!, prodotta da SYFY e distribuita in Italia da Netflix, conferma alcune delle cose buone della prima stagione, non riuscendo però a limarne i difetti, presenti ma ben camuffati sotto ettolitri di sangue finto e sarcasmo.

Sicuramente, il format a 8 episodi giocava più a favore di un programma che fa delle eruzioni di violenza delirante il proprio canale comunicativo principale e, per quanto ogni esplosione di budella e interiora sia una gioia per gli occhi (l’utilizzo della single camera è interessante e, combinato con un montaggio schizofrenico, dà al tutto un taglio cartoon che ben si combina col tono generale dello show), questo non può essere l’unico piano narrativo ad avere uno sviluppo corretto e coerente.

Tanti piani narrativi

È tipico di Morrison stratificare più piani narrativi, affidandoli a diversi canali comunicativi, ma se lo scozzese è uno dei migliori al mondo nel costruire queste impalcature all’interno della gabbia di una pagina, lo stesso talento non si nota nella scrittura televisiva. Le domande sul ruolo della fantasia nella società contemporanea, o quelle su chi cerca i 15 minuti di celebrità a ogni costo, sono solo accennate e portate avanti in maniera stanca, fra una scazzottata e un’altra, comprimendo in pochi minuti risposte e deduzioni complesse, che avrebbero avuto bisogno d’altro tempo per svilupparsi correttamente.

Tempo che non ci sarà, dato che SYFY ha deciso di chiudere qui, con Happy!, non confermandolo per una terza stagione, di cui si erano costruite alcune basi interessanti. Restano l’ultra-violenza e una recitazione da parte del cast sempre sopra le righe, che esalta alcune interpretazioni. Christopher Meloni sembra aver preparato il Detective Sax assemblando i peggiori vizi dei detective hard boiled, tenendoli poi insieme con vodka da quattro soldi; Smoothie (Patrick Fischler) è meravigliosamente creepy nella sua semplice follia; Christopher Fritzgerald dà corpo a un incubo kitsch, fra piume e paillettes, in una feroce e non tanto nascosta polemica nei confronti dello show-biz statunitense.

Ciao ciao Happy…

Chi non ne giova per niente è, invece, Ritchie Coster. L’interprete di Blue Scaramucci soffre un fisico e un volto che inevitabilmente riportano alla mente un certo produttore di blue meth del New Mexico… Se poi si cominciano anche a mutuarne le mimiche facciali, il rischio di risultare un grottesco imitatore diventa certezza.