«Non sei pronto per tutto questo»

Presentato da trailer ingannevoli, prima che Endgame sbancasse al cinema, segnando la fine della saga degli Avengers per come li abbiamo conosciuti, e promosso con poster a rischio spoiler quando le sorti di Iron Man e soci erano state da poco dipanate, Spider-Man: Far From Home suscita interesse soprattutto perché è il primo film dell’UCM successivo alla battaglia contro Thanos e ufficialmente a chiusura della cosiddetta Fase 3. Sono state e sono ancora molte le speculazioni sul futuro prossimo: dopo il terzo Guardiani della Galassia, previsto nel 2021, cosa accadrà? Qualcuno ipotizza cicli di serie TV, quali spin-off dei singoli eroi; qualcun altro la versione young degli Avengers, coi figli dei Vendicatori a raccoglierne l’eredità; altri ancora, in tempi di politically correct, immaginano una versione tutta al femminile, sulla scia di uno dei momenti più forzati e imbarazzanti visti in Endgame. Ebbene, Spider-Man: Far From Home riesce a dissipare qualche nube? Non molto.

Il mondo si sta riassestando e Spider-Man: Far From Home parte proprio dal basso, da chi è sopravvissuto, da chi è tornato grazie al sacrificio di Iron Man e degli altri eroi caduti per sconfiggere Thanos. Le prime note che accompagnano i titoli d’apertura sorprenderanno molti, ma una volta svelato il motivo della loro scelta si faranno apprezzare per l’ironia. L’escamotage è utile per spiegare alcuni punti lasciati in sospeso da Endgame, su tutti la condizione di chi è tornato in vita, considerati i 5 anni trascorsi. Peter Parker (Tom Holland) ha ripreso in mano la sua vita e faticosamente si presta a figurare in diversi eventi pubblici: non ha voglia di tornare sul campo, nonostante Nick Fury (Samuel L. Jackson) lo cerchi insistentemente. Al contrario, vuole solo andare in vacanza con la sua classe, in tour per l’Europa, e si prepara a dichiararsi alla sua amata MJ (Zendaya). Ma non la si fa al capo dello Shield: per quanto l’Uomo Ragno sia veloce a volteggiare tra palazzi e grattacieli, i problemi saranno sempre più agili di lui e lo troveranno, inesorabili. La minaccia è rappresentata dall’apparizione di alcuni Elementali, che portano caos e distruzione proprio nelle località di villeggiatura del nostro amichevole Spider-Man di quartiere. A fronteggiarli un nuovo personaggio, Mysterio (Jake Gyllenhaal), che presto andrà a sostituire nel cuore di Peter il vuoto lasciato dalla morte di Tony Stark e la mancanza di una figura paterna cui aggrapparsi. A rendere le cose più complicate, il fatto che Iron Man abbia nominato proprio lui quale erede del sistema di sicurezza mondiale, avendogli dato in dono i suoi iconografici occhiali da sole coi quali controllare centinaia di droni, a riposo in orbita intorno alla Terra: un fardello troppo pesante da portare per un ragazzo.

Spider-Man per molti rappresenta il perfetto equilibrio tra azione e sentimento, comicità e dramma. È un supereroe, ma è giovane, impacciato e dall’animo gentile; è il punto di contatto tra gli inarrivabili Avengers, assurti ormai a veri e propri Dei (e qualcuno lo è per davvero), e il popolo, le persone semplici e indifese, in grado solo d’alzare lo sguardo e assistere impotenti agli accadimenti. Nel mezzo, però, c’è proprio Peter Parker: è lui a farsi carico della nostra normalità e a prendere le nostre parti. In altri tempi, avremmo potuto definirlo un eroe proletario. Questo equilibrio è purtroppo allegramente spezzato in questo film, interamente schiacciato su un registro narrativo da teen movie, tutto gag e battute. L’eroe cede il passo alla commedia e, alla lunga, alla noia.

Pur continuando a considerare Tom Holland perfetto nel ruolo, colpisce constatare come i momenti migliori di Spider-Man: Far From Home vedano altri personaggi al centro della scena. Su tutti Mysterio, le cui sequenze centrali rappresentano la parte più interessante del film, sotto ogni profilo, visivo e di contenuto. Qualcosa di simile era già avvenuto col precedente capitolo, quando l’Avvoltoio di Michael Keaton seppe catturare la nostra attenzione, mettendo in discussione la malvagità delle sue azioni. A deludere, però, è la vicenda nel suo complesso: ci si divincola sulla poltrona, sperando d’aver assistito all’ultimo siparietto da sit-com, ma inevitabilmente ne arriva uno nuovo. E sembra che negli USA siano ancora forti gli stereotipi sugli altri Paesi: se l’Italia coincide ancora con pizza & mandolino (e qui tutti i torti non riusciamo a darli), sorte non migliore capita agli olandesi, dipinti come fricchettoni rurali, tutti tulipani e amore. Anche le poche scelte di rottura convincono poco, su tutti aver caratterizzato MJ come una musona perennemente arrabbiata. A dare una qualche speranza sul futuro arriva la prima delle due scene post credit, in cui si torna a respirare l’aria familiare della tradizione di Spider-Man, grazie all’unico colpo di scena degno di nota in tutto il film.