Unorthodox | Storia di un’emancipazione | Recensione
Il voto di Nerdface:
5.0 out of 5.0 stars
Titolo originale | Unorthodox |
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Lingua originale | inglese yiddish tedesco |
Paese | Germania |
Anno | 2020 |
Stagioni | 1 |
Episodi | 4 |
Ideatori | Anna Winger Alexa Karolinski |
Genere | Drammatico |
Soggetto | Deborah Feldman |
Durata | 53/55 minuti a episodio |
Produzione | Real Film Berlin Studio Airlift |
Distribuzione | Netflix |
Prima TV | 26 Marzo 2020 |
Cast | Shira Haas Jeff Wilbusch Amit Rahav Langston Uibel Tamar Amit-Joseph Alex Reid Ronit Asheri |
Il voto di Nerdface:
5.0 out of 5.0 stars
«Se non ora, quando?»
È disponibile su Netflix dallo scorso 26 Marzo la mini serie TV Unorthodox, basata sull’autobiografia di Deborah Feldman Unorthodox: the Scandalous Rejection of my Hasidic Roots. A differenza di quanto potrebbe suggerire il titolo del libro, Unorthodox racconta, attraverso il viaggio per ritrovare se stessa della protagonista, Esty (meravigliosamente interpretata da Shira Haas), il modo in cui riuscirà a riconciliarsi con la sua fede e a ritrovarla, adattandola alla sua nuova vita, ai suoi bisogni e alle sue passioni.
La narrazione si sviluppa su due linee temporali differenti, il cui perno sono i primi minuti di Unorthodox, nei quali assistiamo alla fuga di Esty dalla comunità ultra ortodossa chassidica satmar di Williamsburg, a Brooklyn, e dal suo matrimonio infelice e combinato.
La condizione delle donne
Una linea temporale ci porta indietro alla sua infanzia e adolescenza, legate alle regole e alle rigide tradizioni verso le quali s’è sempre sentita lontana, definendosi «diversa», se non proprio soffocata, come per la musica vietata alle donne, il cui solo compito è quello d’essere «recipiente» degli uomini. L’altra linea temporale, invece, la segue nella sua nuova vita, che comincia in Germania, a Berlino, a migliaia di chilometri dal solo mondo che ha conosciuto finora.
La fuga
Sulle sue tracce, però, il rabbino capo della comunità sguinzaglia il giovane marito Yanki (un bravissimo Amit Rahav) e Moshi, un uomo ambiguo e tormentato: hanno il compito di riportarla a casa, per mettere a tacere uno scandalo che già in passato aveva colpito la famiglia di Esty, quando la madre fuggì da un marito alcolista, per ricostruirsi una vita a Berlino. Ecco il motivo della scelta della ragazza, sebbene il rapporto tra le due sia molto teso, perché Esty l’accusa d’averla abbandonata e d’aver ripudiato le tradizioni religiose.
Una serie intelligente
Questo è forse l’aspetto più intelligente di Unorthodox: non è una serie TV che vuole allisciare gli appetiti degli atei, con una facile critica a un culto praticato in modo radicale e fondamentalista, sebbene non manchino le denunce di diverse pratiche patriarcali. Ne è prova la delicatezza con cui è descritto il marito di Esty, anch’egli vittima (inconsapevole) di un sistema di convinzioni e convenzioni che gli impediscono di capire il mondo esteriore, avendo per esempio la proibizione d’usare internet, e interiore, non solo della sua sposa, ma anche del suo.
Una luce su una realtà sconosciuta
Esty intraprende un viaggio d’emancipazione e non rinuncia alla sua fede. Sente stretti e insopportabili, però, usanze e dogmi. Nella scrittura di Unorthodox s’avverte il tentativo di gettare una luce, di donare un’istantanea di una comunità, quella chassidica satmar, di cui si conosce davvero poco. Originario di Ungheria e Romania, questo gruppo ultra ortodosso fu perseguitato durante il Nazismo e si stabilì negli USA, con l’obiettivo di perpetuare le proprie tradizioni e di «ridare la vita alle 6 milioni di vittime dell’Olocausto».
A Berlino, Esty è sola, con pochissimi soldi e soprattutto senza i mezzi culturali per comprendere un mondo a lei del tutto sconosciuto, se non travisato da quanto tramandatole in passato. L’incontro fortuito con un gruppo di musicisti di Conservatorio le permetterà di sbocciare, lentamente e non senza delusioni o difficoltà. La sua storia coinvolge e appassiona, suggerendo moltissimi spunti di riflessione, per una liberazione che non appartiene solo a lei.
Un’attenzione ai dettagli
Restiamo avvinghiati alle sue sorti, grazie anche alla ricostruzione meticolosa e rispettosa della sua comunità di provenienza: Unorthodox è la prima serie TV in lingua yiddish e mostra con delicatezza e accuratezza le sue tradizioni e i suoi modelli, attraverso anche la minuziosa attenzione ai dettagli, dai costumi alle acconciature (i payot, le basette arricciate, e gli shtreimel, i vistosi cappelli dei capofamiglia), dagli interni delle case agli esterni del quartiere.
Per apprezzare appieno il grande lavoro svolto per Unorthodox, vi consigliamo di vedere anche lo speciale di 20 minuti, disponibile sempre su Netflix. Potrebbe meravigliare sapere di una serie TV che in sole 4 puntate sia capace d’aprire e chiudere un arco narrativo così intenso. Ma Unorthodox riesce nell’impresa e ci lascia soddisfatti, commossi; sedimenta e cresce nelle ore successive.
Una storia dirompente
Sono numerose le scene simboliche ed è dirompente l’episodio finale, in cui Esty, dopo aver accettato i suoi limiti, si riappropria della sua identità, riuscendo a fondere passato e presente; significativa e altrettanto intensa è la sequenza finale, mentre attraversa la porta di Brandeburgo, abbattendo simbolicamente il muro invisibile che altri demolirono fisicamente in passato.
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Titolo originale | Unorthodox |
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Lingua originale | inglese yiddish tedesco |
Paese | Germania |
Anno | 2020 |
Stagioni | 1 |
Episodi | 4 |
Ideatori | Anna Winger Alexa Karolinski |
Genere | Drammatico |
Soggetto | Deborah Feldman |
Durata | 53/55 minuti a episodio |
Produzione | Real Film Berlin Studio Airlift |
Distribuzione | Netflix |
Prima TV | 26 Marzo 2020 |
Cast | Shira Haas Jeff Wilbusch Amit Rahav Langston Uibel Tamar Amit-Joseph Alex Reid Ronit Asheri |