«Devo uccidere Posaman»

Essere o non essere Lillo? Usando come grimaldello un titolo deromanizzato del suo ormai consolidato tormentone «so’ Lillo», Pasquale Petrolo sbarca su Prime Video per mettersi alla prova in un progetto solista che gli consenta di capitalizzare il surplus di popolarità acquisito negli ultimi tempi con la partecipazione a LOL: chi ride è fuori.

Una serie pigliatutto

Sono Lillo, serie prodotta da Amazon in 8 episodi e disponibile dal 5 Gennaio, sembra congegnata con una visione di marketing pigliatutto, in grado d’intercettare tanto l’abituale pubblico romano di aficionados della prima ora dei Latte e i suoi derivati, quanto quello radiofonico che, in tutta Italia, ha imparato ad apprezzare Lillo insieme a Greg in 610: sei uno zero su Radio 2, fino a captare la fanbase ancora più ampia formatasi sull’onda di LOL.

Una summa crossover

La prima impressione è quella di un progetto summa all’insegna del crossover. Summa perché Lillo investe l’esperienza da consumato mestierante dello spettacolo accumulata in trent’anni che lo hanno visto, perlopiù assieme a Greg, imperversare sui palchi di concerti e teatri, davanti alle telecamere di TV (TMC e Mediaset prima della Rai) e cinema, via etere in video e audio, nel web con piccoli gioielli come Pupazzo criminale.

Crossover perché mette insieme vari mondi: quello borisiano (Sermonti, Calabresi) con Corrado e Caterina a far da ponte verso l’habitat Guzzanti; quello della next gen comica di Lundini, Fanelli, Ferrario e Rapone, figlia della stand-up comedy; quello dal sapore verdoniano, imperniata su un protagonista bonaccione romano un po’ ipocondriaco e immaturo; quello dei supereroi Marvel o DC, grazie alla presenza dell’alter ego PosaMan; infine, quello più squisitamente nerd dei giochi di ruolo, che sembra evocare il recente successo di Stranger things, con un brillante Marzocca in veste di redivivo Eddie Munson.

Hic rhodus, hic salta

L’impresa in cui Lillo si cimenta pare ben fondata, sia per la scelta di un target variegato e quindi di un bacino ampio cui attingere, sia per gli spunti divertenti e perfino suggestivi che la muovono: non solo il topos dell’adulto immaturo, quello dell’artista alla ricerca di un percorso (con un inevitabile riferimento autobiografico) o la sottotrama romantica, ma in qualche modo anche il tema della percezione del sé, che rimanda quasi a Pirandello e Svevo, volendo puntare al Sole.

Qui sta il problema o, meglio, il rischio. La produzione di Petrolo e Gregori ha sempre brillato per intuizioni geniali calate in sketch di breve durata. Nella lunga distanza di uno spettacolo teatrale o cinematografico, le capacità di scrittura del duo hanno spesso incontrato qualche scoglio. Sono Lillo è quindi una sfida impegnativa per l’autore e protagonista, coadiuvato da Matteo Menduni e Tommaso Renzoni.

Pop contemporaneo

Di certo si tratta di un’operazione pensata per navigare in scioltezza nel multiverso dell’immaginario pop contemporaneo. Le premesse per un avvincente svolgimento narrativo, insomma, ci sono tutte. Resta da capire se nel suo insieme la serie riuscirà a mantenere le promesse, e se Lillo riuscirà a dimostrare d’aver fatto una scommessa vincente.