Steve McQueen: la vita spericolata di un’icona del cinema

uno sguardo affascinante di steve mcqueen - nerdface

Steve McQueen

un ritratto in bianco e nero di steve mcqueen - nerdface

«Racing is life. Anything before or after is just waiting».

Una vita spericolata

Attore, pilota e regista. Così amava definirsi Steve McQueen e non necessariamente in quest’ordine. Figlio di uno stuntman che abbandona la famiglia quando è ancora un bambino, l’attore trascorre la sua infanzia con uno zio e torna a vivere con la madre a Los Angeles solo all’età di 12 anni. È un bambino problematico, con cattive amicizie e una vita oltre l’essere spericolata, quasi da teppista: infatti la madre è costretta a mandarlo in un istituto di correzione.

La carriera nei Marines

Quando ne esce, Steve McQueen inizia una carriera militare nel corpo dei Marines, che si rivelerà forse la scelta più importante della sua vita. È infatti grazie a un prestito elargito dagli ex militari che inizia la sua carriera d’attore, perché quei soldi gli permetteranno di pagare i corsi di recitazione all’Actor’s Studio. Siamo nel 1952 e tre anni più tardi ci sarà il suo esordio a Broadway; l’anno successivo, nel 1956, quello nel mondo del cinema.

Un attore problematico

Attore famigerato, sul set era considerato problematico, ma ciò nonostante riuscì sempre a ottenere ruoli importanti e a divenire uno degli uomini più famosi degli anni ’60 e ’70. La prima parte importante è del 1960, il film è I magnifici sette, di John Sturges, ispirato a I sette samurai di Akira Kurosawa. Steve McQueen interpreta Vin, uno dei sei compagni ingaggiati da Yul Brinner per difendere il villaggio di Ixcatlan dalla banda di Calvera. Nel cast anche Charles Bronson, Eli Wallach e James Coburn, per uno dei film maggiormente impressi nella storia del cinema.

il celebre salto con la moto di steve mcqueen - nerdface

Il sodalizio con Sturges continua anche per l’altra grande interpretazione, quella del Capitano Hilts de La grande fuga. Le sequenze del film e specialmente quelle in cui Steve McQueen è in sella a una Triumph TR6 Trophy truccata da moto nazista sono tra le più citate e omaggiate, ancora oggi. Riguardo a quella scena c’è da dire che, a parte il salto finale, e solo per il volere della produzione, non fu utilizzata alcuna controfigura. Ed era la prassi: Steve McQueen, infatti, aveva una grande passione per i motori e più volte aveva considerato l’idea d’abbandonare il mondo del cinema in favore di quello dell’automobilismo.

Le corse

Nel 1970 aveva anche partecipato alla 12 Ore di Sebring, guidando una Porsche 908, arrivando primo della sua categoria, secondo in assoluto e ricevendo pure i ringraziamenti di Ferdinand Piëch, nipote di Ferdinand Porsche. Davanti a lui Mario Andretti su Ferrari, ma solo di 23 secondi. Vale la pena ricordare che a quella gara l’attore partecipò con una gamba ingessata, a causa di un incidente in moto. D’altra parte, se la Pixar arriva a dare il suo cognome al protagonista di Cars, ci sarà pure un motivo…

Bullitt

Parlando di automobili e più precisamente di muscle car americane, è inevitabile parlare di un film entrato di diritto nell’Olimpo di quelli con protagonisti sgommate, inseguimenti e sorpassi al limite. Bullitt esce nel 1968 e, oltre a consegnare alla storia Steve McQueen nei panni del duro, in questo caso poliziotto, insieme all’attore americano entra nella leggenda la Ford Mustang, impegnata in un incredibile inseguimento per la strade di San Francisco, attaccata al paraurti di una Dodge Charger.

sul set de la 24 ore di le mans steve mc queen fa un buffo gesto con la mano - nerdface

Rimaniamo in tema motori per uno dei punti cruciali della carriera di Steve McQueen. L’anno è il 1971, alla regia troviamo in prima battuta John Sturges che, però, abbandona il progetto a causa di divergenze proprio con l’attore e che è sostituito da Lee H. Katzin: il film è La 24 Ore di Le Mans, la gara di resistenza più famosa al mondo, diventata culto e leggenda tra gli appassionati. Con un budget altissimo e un altrettanto terribile ritardo per la fine delle riprese, il film risulta un flop al botteghino, ma riesce a conquistare gli appassionati di corse e, nel corso degli anni, diventa un cult movie.

A Le Mans

Ingredienti sapientemente mixati della pellicola sono una particolare attenzione alla corsa vera e propria, centrale rispetto a tutto il resto, e la presenza di veri piloti professionisti, ingaggiati per rivivere le fasi più spettacolari della gara.

una foto dall'interno della vettura da corsa mostra uno steve mcqueen concentrato al volante - nerdface

La Porsche che Steve McQueen aveva condotto al traguardo a Sebring, regolarmente iscritta all’edizione di Le Mans del 1970 e dotata di camera-car, fornisce riprese spettacolari e un punto di vista privilegiato. Ancora oggi, La 24 Ore di Le Mans è considerato alla stregua di un documentario e rimane, comunque, uno tra i più bei film di corse di tutti i tempi, con buona pace di quella Busta di Driven.

Papillon

Messo da parte, ma per poco, l’argomento motori, ci tocca balzare in avanti fino al 1973, per citare Papillon, di Franklin J. Schaffner. La pellicola è liberamente ispirata all’omonimo romanzo autobiografico di Herni Charriere, detto Papillon perché aveva una farfalla tatuata sul petto. Ambientato nel carcere duro dell’Isola del Diavolo, il film narra dei diversi tentativi d’evasione del protagonista e delle terribili condizioni della detenzione nella Guyana Francese, fino alla fuga avvenuta dopo tredici anni.

steve mcqueen si volta mentre è alla guida di una jaguar spider - nerdface

Pur permanendo molti dubbi sulla veridicità delle imprese raccontate da Charriere, Papillon merita comunque d’entrare a pieno titolo tra i migliori film degli anni ’70. Come pure un altro lavoro dell’anno successivo: L’inferno di cristallo. No, non lo diciamo solo perché ci piacciono i disaster movie, ma anche i 3 Oscar vinti e le altre 5 nomination ottenute. L’inferno di cristallo è un classico film su un super grattacielo pieno di gente e un incendio che si sviluppa ai piani alti. Fanno parte del cast, insieme a Steve McQueen, anche Paul Newman, Fred Astaire, Richard Chamberlain, William Holden e un quasi esordiente O.J. Simpson, balzato qualche anno dopo agli onori della cronaca per le sue vicende giudiziarie.

L’ultima apparizione

L’ultima interpretazione di Steve McQueen è del 1980, ne Il cacciatore di taglie. L’attore è ormai nelle fasi finali di un cancro alla pleura, la cui origine potrebbe essere l’amianto contenuto nelle tute ignifughe indossate dai piloti e dunque anche dallo stesso Steve McQueen, il quale si divideva fra circuiti e set. Malgrado la salute minata, l’attore girerà tutto il film e le sue sequenza d’azione senza avvalersi di controfigure, andando al massimo come era solito fare. Fino alla fine.

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