Sylvester Stallone: dentro i guantoni c’è un fuoriclasse
Sylvester Stallone
«Every time I’ve failed, people had me out for the count, but I always come back».
Pugni nelle mani
Leggi Sylvester Stallone e già capisci dove s’andrà a parare, perché questo attore di origini italo-americane non è stato solo uno dei più rappresentativi degli anni ’80, ma continua a esserlo pure oggi. Il segreto della sua celebre espressione è dato da una leggera paresi del lato sinistro del corpo, dovuta alla rescissione del nervo facciale, a causa del forcipe usato quando venne al mondo. Incredibile a dirsi, poi, ma Sylvester Stallone in gioventù soffriva di rachitismo e, infatti, la figura mostrata in uno dei suoi primi film è tutto fuorché imponente.
Italian stallion
Parliamo di Italian stallion: porno proibito. A dispetto del titolo, si tratta di un soft-porn e presenta alcune scene hard, ma non pornografiche pure se, negli anni, molti avessero sostenuto che la versione arrivata al cinema avesse subito tagli ad hoc delle scene più esplicite. La circostanza è stata smentita più volte anche da chi ebbe modo di visionare le bobine originali del film, tuttavia una versione davvero porno fece la comparsa nel 2007, ma ancora una volta non è stata riconosciuta alcuna partecipazione dell’attore.
Una leggenda metropolitana
Il porno di Sylvester Stallone è diventato quasi una leggenda metropolitana e i diritti sullo stesso, insieme a una copia originale in 35 mm, sono finiti su eBay e venduti per 410.000 dollari. Sul film il protagonista è tornato più volte, dichiarando quanto in quel periodo si trovasse in gravissime condizioni economiche, lasciando intendere d’aver accettato la parte solo per sbarcare il lunario. Senza fissa dimora, infatti, dormiva nelle stazioni degli autobus. Italian stallion cercò, poi, di tornare quasi fosse incubo nella vita di Sylvester Stallone, quando i produttori del film gli chiesero 100.000 dollari per bloccarne la distribuzione.
La risposta di Sly potete intuirla da quanto la pellicola sia così nota… Lasciamoci alle spalle il magrolino Sylvester Stallone del filmetto pruriginoso e, dalle stalle, arriviamo alle stelle. È, infatti, appena dell’anno successivo Il dittatore dello stato libero di Bananas (1971), firmato da Woody Allen, dove Sly ha una piccola, ma accreditata parte. Non dovrebbe stupire poi tanto, perché in effetti Sylvester Stallone non è un attore per caso e ha coltivato la sua carriera con passione fin dal college, frequentando la facoltà d’Arte Drammatica e partecipando ad alcuni spettacoli studenteschi.
Rocky
Ovviamente, l’anno davvero importante è il 1976, quando nelle sale arriva il film destinato a consacrare Sylvester Stallone presso il grande pubblico e a segnare la sua e la nostra vita.
È, infatti, l’anno in cui inizia la saga di Rocky Balboa, pugile italo-americano proveniente dalla strada e al quale il campione del mondo offre l’occasione di riscattarsi. Per Rocky, Sylvester Stallone riceve 2 candidature all’Oscar, una come Miglior Attore, l’altro come Miglior Sceneggiatura Originale, in quanto ne è anche l’autore.
La nascita di una leggenda
Inutile dirlo, insieme a Rocky nasce una leggenda cinematografica, un’icona in grado d’annoverare omaggi e parodie di tutti i tipi e d’aver generato parecchi tormentoni, a cominciare dal celebre «Adrianaaaa!», rivolto alla partner sul set, Talia Shire, per finire ai poco ortodossi e caserecci metodi d’allenamento, quasi un marchio di fabbrica della serie, passando per il «ti spiezzo in due» di Ivan Drago, pronunciato da Dolph Lundgren, nel quarto film.
Ancora, tutti i capitoli della saga, pure i meno riusciti, godono di una colonna sonora epica ed emozionante, firmata da Bill Conti. Eye of the tiger, It’s no easy way out e Hearts on fire restano ancora canzoni capaci, da sole, di rinnovare tutte le emozioni provate e di far ingollare quattro uova crude la mattina per andare a cercare la prima scalinata utile da scalare.
Un franchise da record
Un franchise da record, va detto, capace d’aver incassato la cifra iperbolica di 1 miliardo e 250 milioni di dollari, ben 3 se si aggiunge il mercato home video. Forse è più chiaro il perché ancora oggi escano altri film della saga di Rocky, al cui annuncio alcuni provano un senso d’ilarità, al pari della citazione presa da Maccio Capatonda usata per il titolo di questo articolo, per poi essere il più delle volte smentiti quando ci si rende conto di quanto Sly sappia sempre proporre pellicole emozionanti, nelle quali brilla costantemente.
Basti pensare al recente e bello Creed: nato per combattere (2015), grazie al quale ha vinto 1 Golden Globe come Miglior Attore Non Protagonista e una candidatura agli Oscar nella stessa categoria, e al suo seguito del 2018 così emozionante nell’aver messo al centro una figura tragica come quella di Ivan Drago.
Rambo
Dopo Rocky, l’altra saga da citare è ovviamente Rambo (1982), epopea cinematografica sul soldato americano reduce sconfitto del Vietnam, eroe segnato da una guerra non sua. Drammatico e intenso il primo film, meno ispirati e propagandistici i successivi, nonostante i tentativi più recenti. Ma se pensate di legare la figura di Sylvester Stallone solo a queste due saghe, potreste avere diverse sorprese.
Scoprirete come sia stato proprio lui dietro la macchina da presa in Staying alive (1983), sequel del più famoso La febbre del sabato sera, di cui firma anche la sceneggiatura.
Per il resto degli anni ’80 e del decennio successivo, Sylvester Stallone sarà profondamente legato a ruoli action e a una celebre rivalità con Arnold Schwarzenegger, nata più per marketing che per vera antipatia, ma dagli effetti simili a quelli sortiti dal confronto tra Duran Duran e Spandau Ballet di quella stessa decade.
Gli action degli anni ’80
Finirà anche in un film quale Last action hero dove, in una realtà parallela, Sly è indicato come l’attore nel ruolo del T800 di Terminator e Arnoldone commenta: «È la sua interpretazione migliore!». Una contrapposizione capace d’arrivare a tempi più recenti e al delizioso siparietto tra i due nel primo The expendables.
In ogni caso, gli anni ’80 sono costellati da perle d’azione sempre al limite del trash, eppure in grado di diventare riferimenti del genere e di consegnare immagini e battute al cinema: si pensi a I falchi della notte (1981), al rigore parato in Fuga per la vittoria (1981), agli occhiali a specchio di Cobra (1986), alla sfida a braccio di ferro in Over the top (1987), a Sorvegliato speciale (1989) e al duo formato insieme a Kurt Russell in Tango & Cash (1989).
La parentesi della commedia
Sylvester Stallone si concederà una pausa dai polizieschi e dai ruoli più fisici, partecipando alla commedia di John Landis Oscar: un fidanzato per due figlie (1991), poi sarà ancora impegnato con Fermati o mamma spara (1991), commedia anch’essa, ma molto meno fortunata della precedente. È giusto una parentesi, perché arrivano subito dopo Cliffhanger (1993) e Demolition man (1993). Il primo è quel che è ed è ricordato soprattutto per la rinuncia di Sly alla controfigura in diverse scene d’azione, ma il secondo è uno dei film più caciaroni di sempre per antonomasia.
Firmato da un italiano, Marco Brambilla, è invece un action ambientato in un futuro distopico nella sua perfezione, nel quale il nostro protagonista si risveglia dopo essere stato criogenizzato, per scontare alcuni reati. Insieme a Sandra Bullock e Wesley Snipes, Sylvester Stallone impersona il poliziotto della vecchia scuola, precipitato in una società irriconoscibile che addirittura punisce il turpiloquio: la scena della carta igienica è uno dei momenti più divertenti in assoluto.
Dredd
Azione e risate, ma molte meno, non mancano nemmeno in Dredd: la legge sono io (1995), cinecomic sul personaggio omonimo dei fumetti. Il film non è certo tra i più riusciti, ma gli diamo comunque un voto positivo per il coraggio.
I mercenari
Risate e azione rappresentano anche il marchio di fabbrica di alcuni tra i suoi lavori più recenti e soprattutto della già citata saga degli Expendables, nella quale sono riuniti tutti gli eroi degli action movie del passato, in un’operazione capace di far commuovere tutti i bambini cresciuti negli anni ’80 e di riportare in auge un certo modo di costruire e presentare i film d’azione, tra battute fulminanti, incredibili discorsi sul senso della vita assolutamente fuori contesto, una barca di morti ammazzati e personaggi caratterizzati perfettamente.
Se il primo Expendables probabilmente si prendeva troppo sul serio, i successivi hanno il pregio non solo di riunire gli attori icone del genere, ma di farlo in chiave autoironica: basti pensare all’ingresso in scena di Chuck Norris in Expendables 2 e ai tanti scambi di battute proprio col rivale di un tempo, Arnold Schwarzenegger. Il terzo capitolo non è da meno, inserendo nel cast un incredibile Antonio Banderas e addirittura Harrison Ford e siamo in attesa del quarto film.
L’ingresso nell’MCU e nel DCEU
Altra saga ancora in corso di svolgimento è Escape plan, dove Sly s’affianca a un’altra spalla che in qualche sembra aver ereditato, nei ruoli ricoperti tra action e film più impegnati, la sua eredità. Stiamo parlando di Dave Bautista, col quale Sylvester Stallone ha diviso anche il set di Guardiani della Galassia: Vol.2, entrando di diritto così anche nell’MCU. Curiosamente, il momentaneo passaggio di James Gunn in casa DC Comics ha visto Sly cimentarsi anche nel doppiaggio di King Shark per il giustamente osannato The Suicide Squad.
In tema di supereroi, infine, è giusto citare anche il meno riuscito Samaritan. Abbiamo volutamente tenuto per ultimo il film che ha saputo convincere anche i più scettici della caratura d’attore di Sylvester Stallone: Cop Land (1997) segna probabilmente la sua interpretazione migliore, non soltanto perché appesantita dai 30 kg presi per interpretare uno sceriffo bullizzato dai suoi colleghi, corrotti e blasonati.
Preferiamo che scopriate da soli questa pellicola bellissima e impreziosita dalla sua interpretazione intensa. Se siete della nostra generazione, Sylvester Stallone lo amate già, se ancora colpevolmente non lo fate, sarete costretti ad arrendervi. Com’è successo a un’edizione di Cannes, dove s’è presentato in pieno look da working class americana, suscitando il tripudio del pubblico e degli addetti ai lavori.