William Hurt: i tanti film da vedere di un attore poliedrico
William Hurt
«I am a character actor in a leading man’s body».
Un attore di talento
William Hurt è un nome che davvero a pochi di voi non accenderà alcuna lampadina. Partendo dalle ultime interpretazioni in carriera, sicuramente lo avrete visto in Avengers: Infinity War e in Avengers: Endgame nel ruolo di Thaddeus Ross, sebbene si parli di due film pieni all’inverosimile di star. Magari i più giovani non ne avranno ricordato il nome, ma di certo quel viso vi deve aver fatto pensare: «Un momento… Dove l’ho già visto?».
Gli esordi negli anni ’80
Non si tratta di una domanda da una sola e semplice risposta, perché William Hurt era sul grande schermo fin dal 1980 e inizia proprio con un piccolo cult, Stati di allucinazione. La pellicola, cui varrà la pena raccontare in futuro la genesi, segue le vicende di uno scienziato e dei suoi esperimenti di deprivazione sensoriale, che lo porteranno a ripercorrere la filogenesi dell’essere umano e i cui risultati non vi sveliamo, per non rovinarvi la sorpresa.
Ovviamente, trattandosi di un film degli anni ’80, a molti di voi potrebbe apparire lento, a tratti quasi ingolfato, ma stiamo comunque parlando di una pellicola che lasciò una sua impronta precisa. Stati di allucinazione valse a William Hurt anche una candidatura ai Golden Globes come Miglior Attore Esordiente. Non lo vincerà, ma un premio più prestigioso è appena dietro l’angolo.
Nel 1985 William Hurt aveva già partecipato ad alcune pellicole molto famose, come Brivido caldo (1981), Il grande freddo (1983), entrambe di Lawrence Kasdan, e a Gorky Park (1983): è già un attore dalle riconosciute capacità, quando al cinema arriva Il bacio della donna ragno (1985). Incredibilmente sofisticato, il film racconta l’amicizia tra due detenuti molto diversi tra loro, un rivoluzionario e un omosessuale, quest’ultimo interpretato da William Hurt.
Il premio Oscar
La storia non è scevra di colpi di scena come di momenti d’autentica commozione: ne caldeggiamo la visione, sia per la trama che per la magnifica interpretazione di William Hurt, che gli vale il premio Oscar come Miglior Attore Protagonista, a soli cinque anni dall’esordio.
Il suo talento è poi confermato nel film immediatamente successivo, Figli di un Dio minore (1986), grazie al quale William Hurt ottiene un’altra nomination nella medesima categoria, mentre la co-protagonista sul set, Marlee Matlin, s’aggiudica quello come Miglior Attrice Protagonista.
Un macchia
La Matlin diventerà anche la sua compagna per un breve periodo, poi la relazione s’interrompe e, solo nel 2009, l’attrice racconterà nella sua autobiografia degli abusi fisici subiti da William Hurt. Una batosta non da poco, che l’attore non cercherà mai di schivare e che, anzi, commenterà ammettendo in parte le sue colpe e scusandosi per ogni dolore causato, pur ricordando che entrambi avevano avuto bisogno di tempo per mettere a posto le loro rispettive vite.
Al servizio di grandi registi…
A ogni modo, la carriera di William Hurt non si fermò praticamente mai e sono decine le pellicole a vederlo protagonista, tante che sarebbe difficile elencarle tutte. Continua a lavorare con Lawrence Kasdan in Turista per caso (1988) e Ti amerò… Fino ad ammazzarti (1990); ma sarà scelto da Woody Allen per Alice (1990), da Wim Wenders per Fino alla fine del mondo (1991), da Franco Zeffirelli per Jane Eyre (1996) e, prima d’arrivare ai cinecomic dell’MCU, aveva già dato modo a noi nerd di vederlo al cinema in opere più recenti.
… e anche di noi nerd!
Primo della lista è Dark city (1998) di Alex Proyas, un film à la Matrix, ma meno fortunato, sebbene la prima metà sia enormemente suggestiva e di livello. Lost in Space (1998), invece, lo vede interpretare il capofamiglia Robinson, disperso nella galassia in un film che non è di certo un capolavoro, ma ha i suoi momenti. In A.I.: Intelligenza Artificiale (2001), poi, lo possiamo ammirare nei panni del professor Hobby, un ruolo particolare per una pellicola sottovalutata e, a dispetto di quanto si crede, realizzata esattamente secondo l’idea di Stanley Kubrick, che morì durante la sua lavorazione, da uno Steven Spielberg molto più metafisico di quanto eravamo abituati a vedere.
Ancora da menzionare è The village (2004), di M. Night Shyalaman, un film che ha sofferto in Italia di una promozione sbagliata, essendo stato presentato come un thriller, quando invece si trattava di una favola moderna dai toni estremamente metaforici, sebbene ricca di tensione. William Hurt ha partecipato, poi, ad altre pellicole che meriterebbero anche più di una visione: A history of violence (2005), di David Cronenberg; Syriana (2005); The good sheperd (2006), diretto da Robert De Niro; Into the wild (2007), diretto invece da Sean Penn.
L’approdo all’MCU
L’approdo di William Hurt al MCU è nel 2008, con L’incredibile Hulk, ma la sua carriera nel giro dei supereroi era ancora lontana dal fermarsi e lo abbiamo visto, infatti, anche nel recente Black Widow. William Hurt era un talento e il suo volto noto e riconoscibilissimo. Proprio per questa capacità d’aver calcato ogni genere, riuscendo a distinguersi e a farsi amare, è stato doloroso apprendere della sua scomparsa, avvenuta il 13 Marzo 2022 a causa di un cancro. Restano i suoi personaggi e i film a renderlo immortale.