Wolf man | Il lupo perde solo il pelo | Recensione
Il voto di Nerdface:
2.0 out of 5.0 stars
Titolo originale | Wolf man |
---|---|
Lingua originale | inglese |
Paese | USA |
Anno | 2025 |
Durata | 103 minuti |
Uscita | 16 Gennaio 2025 |
Genere | Horror |
Regia | Leigh Whannell |
Sceneggiatura | Leigh Whannell Corbett Tuck |
Fotografia | Stefan Duscio |
Musiche | Benjamin Wallfisch |
Produzione | Blumhouse Productions Cloak & Co. |
Distribuzione | Universal Pictures |
Cast | Christopher Abbott Julia Garner Matilda Firth Sam Jaeger |
Il voto di Nerdface:
2.0 out of 5.0 stars
«A cosa sto pensando?»
Di film sui vampiri ce ne sono di tutti i tipi: classici, remake, parodie, commedie erotiche… Sulle mummie un po’ meno e non tanto famosi; idem sui mostri della palude. E sui licantropi? Be’, anche per loro, come per i succhiasangue, tra il serio e il faceto s’è fatto il giro di boa e oltre. Wolf man, ultima fatica di Leigh Whannell, non estraneo a remake di mostri Universal, vedi L’uomo invisibile, offre una versione più intimista rispetto a quelle di altri colleghi e sembra quasi un ritorno alle origini de L’uomo lupo, film del 1941 con Lon Chaney Jr.
Una produzione travagliata
Wolf man ha avuto una produzione un po’ travagliata, sulla scia voluta da Universal per il recupero di un MonsterVerse che ha visto il recupero di classici come La mummia e L’uomo invisibile. Il film avrebbe dovuto essere diretto da Derek Cianfrance (Come un tuono) e avere come protagonista Ryan Gosling: tuttavia, per l’abbandono di quest’ultimo e poi del regista, tutto è ricaduto sulle spalle di Leigh Whannell. Il regista ha così scelto Christopher Abbott per il ruolo principale, insieme a Julia Garner e Matilda Firth in quelli della moglie e della figlia.
Un po’ di trama
La trama è molto semplice: lo scrittore Blake Lovell ha un buon rapporto con sua figlia Ginger, ma la moglie è molto distante e depressa, per via del suo lavoro da giornalista; inoltre, non riesce a costruire un vero legame con la piccola. Dopo la notizia della morte del padre di Blake, la famiglia decide d’andare alla fattoria appartenutagli, dove il protagonista è cresciuto. In questo viaggio, però, i Lovell sono attaccati da un licantropo, che morde l’uomo. Chiusi in casa, senza segnale telefonico e corrente elettrica scarsa, inizia la lenta e inesorabile trasformazione dell’uomo in un lupo mannaro.
La scelta di Whannell è di svolgere l’intera vicenda in un’unica location, ovvero la casa nella fattoria. L’ambiente chiuso aiuta a costruire le situazioni di tensione e favorisce i silenziosi attimi precedenti agli jumpscare, ormai marchio inevitabile di quasi tutti gli horror. La trasformazione di Blake in lupo è l’elemento apparentemente più interessante del film: il make up è credibile e artigianale, c’è poca CGI e, inoltre, l’attenzione alla psicologia del protagonista non è da meno.
Il punto di vista del lupo
Il regista, infatti, offre il punto di vista di un padre e della sua lenta perdita d’umanità, un modo di vedere il mondo via via più vicino a come lo vedrebbe un lupo. Le parole diventano incomprensibili, i volti deformi, gli occhi illuminati, i sensi si acuiscono. «A cosa sto pensando?», il gioco che papà e figlia fanno in continuazione nel corso della storia, appoggiandosi le mani sulla fronte e provando a indovinare i pensieri dell’altro, non funziona più: lui si sta trasformando.
Perché Wolf man non funziona
Tuttavia, questi punti di forza non bastano a rendere Wolf man un buon film. Le situazioni si ripetono, dalla trasformazione in licantropo alla lotta col lupo mannaro originale, mentre si susseguono le stesse scene in cui madre e figlia sono in pericolo in casa. Poi, qualcuno dovrà anche spiegare la modalità stealth dei licantropi e la loro capacità d’essere leggeri e invisibili in una casetta di qualche metro quadrato…
Bisogna anche dimenticare la tradizione popolare e il folclore: sparisce la Luna piena e con essa le pallottole d’argento. L’unico riferimento viene da una leggenda legata ad autoctoni nativi americani, ripescata per l’occasione. Non si sa esattamente a quale pubblico si rivolga Wolf man: per chi ama l’horror contemporaneo, chi ha il fetish per i mostri classici o per chi vorrebbe qualcosa di diverso, drammatico e budget ridotto? Whannell non aggiusta il tiro e crea un ibrido.
In conclusione
C’è il dramma del protagonista, la cui trasformazione significa abbandonare lentamente il suo lato umano, gli affetti e il mondo che lo circonda, ma anche l’horror mainstream tutto jumpscare, situazioni di tensione e mostro in agguato. Si vede chiaramente conflittualità tra autore e produzione, forse la stessa che ha allontanato Cianfrance, e il risultato è un film lunatico e borderline.
Non si riesce nemmeno a cogliere una qualche stratificazione, che l’autore forse avrebbe voluto operare per le figure femminili, qui contrapposta al lupo mannaro. Attraverso una sfocata inquadratura del concept, il film si dilunga nei sui 103 minuti, non pesanti, ma ripetivi, e arriva a una sola conclusione. Ne avevamo bisogno? Non proprio.
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Titolo originale | Wolf man |
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Lingua originale | inglese |
Paese | USA |
Anno | 2025 |
Durata | 103 minuti |
Uscita | 16 Gennaio 2025 |
Genere | Horror |
Regia | Leigh Whannell |
Sceneggiatura | Leigh Whannell Corbett Tuck |
Fotografia | Stefan Duscio |
Musiche | Benjamin Wallfisch |
Produzione | Blumhouse Productions Cloak & Co. |
Distribuzione | Universal Pictures |
Cast | Christopher Abbott Julia Garner Matilda Firth Sam Jaeger |